martedì 20 dicembre 2011

Siamo cicale o formiche?

Una delle cose più importanti che abbiamo imparato con ASPO è la preveggenza … Cassandra appunto. A tal proposito vi ripropongo due interventi miei che erano stati postati nel 2007 e successivamente nel 2008. Ho passato, durante questo tardo pomeriggio, almeno tre ore a leggere notizie sulla situazione economica e sociale in Grecia, mi ha colpito fortemente l’immagine seguente che ho prelevato dall’articolo che potete leggere al link seguente http://greece.greekreporter.com/2011/12/20/greeces-new-middle-class-homeless-hold-a-degree-and-a-laptop/

Questa immagine è potentissima a mio parere, I nuovi senza tetto che continuano ad usare i nuovi mezzi tecnologici di questi ultimi 15 anni. Uomini e donne laureati che avevano una vita, un benessere ed un lavoro promettenti che in pochissimi mesi si ritrovano per strada senza casa, macchina, vestiario decenti ma sempre con il portatile e l’IPhone a disposizione.

Il primo post lo avevo pubblicato il 29 Marzo del 2007, dal titolo Siamo Cicale o Formiche?
La cicala che imprudente
tutta estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell'inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.

Compri oggi e paghi quasi quando vuoi. E se non hai i soldi, che problema c’è? Esiste più di una soluzione per saldare il debito secondo le modalità più comode e vantaggiose. E’ questo il messaggio che sempre più frequentemente arriva nelle case degli italiani attraverso spot pubblicitari, maxi offerte e vendite promozionali messe in atto da ogni tipo di esercizio commerciale, dai grandi magazzini ai negozi di elettronica, dai mobilifici alle concessionarie di auto (La Repubblica).
Stamattina su “Radio Anch’io” professori economisti, operatori finanziari, esperti del settore non hanno fatto altro che dire quanto sia positivo per l’economia indebitarsi, pagare tutto a rate, consumare, comprarsi qualsiasi cosa. Sembra che questo sia il metodo più moderno al mondo per aumentare i consumi e fare "girare" l'economia. Ma quando arriverà la crisi "post peak", quella che quasi nessuno si aspetta o alla quale quasi nessuno crede, che succederà? Come faranno tutte le persone indebitate con mutui ventennali o trentennali o addirittura quarantennali a pagare i propri debiti? e le banche in periodo di crisi una volta pignorati gli appartamenti delle persone insolventi a chi li venderanno? Stiamo a vedere.
Due ASPISTI di peso commentarono questo post, ed anche loro espressero la loro forza preveggente: Il primo commento era di Gianni Comorretto, che scrive: Il problema del sovraindebitamento è già grave. E' difficile rendersi conto, soprattutto in un negozio di fronte all'acquisto "facile", che tante rate da 10 euro fan 2-300 euro, più il mutuo della macchina, magari quello della casa, che alla fine del mese non avanzano più se hai uno stipendio da 1000-1500 euro e una famiglia da mantenere. E si salta qualche rata, per finire in mano alle ditte di "recupero credito", gente con un pelo sullo stomaco da far paura, che ti caricano tutte le loro spese alla rata non pagata, ti portano via il pignorabile, o ti spingono a rivolgerti a strozzini. Situazioni assurde, per ora non frequentissime, ma basta poco, un po' di inflazione al 4%, un ulteriore calo del potere d'acquisto. Sono la gente che si vede facendo microcredito, gente che ha bisogno di poche centinaia di euro per pagare la rata ed uscire da questa spirale. Ma finché si leggono articoli come questi, difficile fare "educazione finanziaria".
A quanto pare: Azzeccato.
L’altro commento era di Franco Galvagno, che scrive:”Su questo tema provo ad avanzare una previsione "ottimistica", tra le tante che possiamo ipotizzare: potrebbe il Peak Oil dare dei segni tangibili (forti e anche "dolorosi") circa la non-attualità di certe strutture capitalistiche orientate alla "crescita ad ogni costo"? Questi segni potrebbero "aprire gli occhi" a chi oggi si indebita con facilità ... meglio tardi che mai!”.
A quanto pare molti occhi sono rimasti chiusi e lo sono tuttora.

Dopo meno di un anno, esattamente il 16 Dicembre del 2008, nel pieno svolgimento della crisi del 2008, scrissi un secondo post dal titolo: E la Cicala ce la farà?
La Cicala che imprudente
tutta estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell’inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.

Affamata e piagnolosa
va a cercar della Formica
e le chiede qualche cosa,
qualche cosa in cortesia
per poter fino alla prossima
primavera tirar via:
promettendo per l’agosto,
in coscienza l’animale,
interessi e capitale.

La Formica che ha il difetto
di prestar malvolentieri,
le dimanda chiaro e netto:
- Che hai tu fatto fino a ieri?
- Cara amica, a dire il giusto
non ho fatto che cantare
tutto il tempo. – Brava, ho gusto;
balla adesso, se ti pare.
(Jean de La Fontaine)

Da un bel po’ di tempo mi faccio sempre la stessa domanda “Nel periodo che andava dal 2003 al 2007 … i giornali, le TV, le radio … non hanno fatto altro che bucarmi il timpano informando dei grandi passi da giganti e dei grandi guadagni ottenuti dalla grande industria (FIAT, FERRARI, MASERATI, TELECOM, le Società Sportive, ENEL, ENI, ecc… ) si parlava di cifre enormi, di fatturati incredibilmente positivi. Tra l’altro mi ricordo che l’ultimo governo Berlusconi (cioè non quello attuale) era riuscito nella sua finanzia creativa a detassare gli utili delle grandi Industrie come quelle che avevo citato prima. Mi ricordo anche, che nel periodo 2005 – 2006, mentre giravo in macchina, la Toscana per lavoro, ascoltavo moltissimo la radio, e di tanto in tanto si parlava delle buone uscite, delle liquidazioni, delle pensioni con cifre a 6 zeri per gli Amministratori Delegati delle aziende pubbliche e private … RAI, ALITALIA …… (salto un paragrafo)

Non voglio darmi del veggente, ma semplicemente mi chiedo “perché una persona semplicissima come me, non “informata sui fatti” come dovrebbero esserlo i governanti, i direttori generali, i finanzieri, e cosi via, ha intravisto un pericolo nel sistema e loro no?

Coincidenza o no, oggi (20 Dicembre 2011) sui quotidiani nazionali si parlava delle difficoltà di Ferrari, Maserati ed altri grandi firme, di vendere i loro prodotti di lussi in Italia ed in Europa, e che queste grande imprese si salvano ancora grazie al mercato Asiatico.

Sempre dal post del 2008: Perché ieri la FIAT cantava e ballava per i grossi profitti e utili accumulati durante gli anni 2005, 2006 … i debiti in calo, i progetti di espansione e sviluppo … mentre oggi mette in cassa integrazione migliaia di persone? Dove sono finiti tutti i profitti? Come mai nessuno ha pensato ad una specie di cassa deposito di emergenza o qualcosa di simile (provvista per l’inverno freddo) per affrontare almeno in un primo momento la crisi senza dover mettere in pericolo il bene delle famiglie? e la stesa domanda me la pongo anche per tutti gli altri settori industriali, finanziari, energetici (ma quanto hanno guadagnato durante il periodo 2006-2007 quando il costo del barile di Petrolio cresceva costantemente?.

Bene e allora potrei raccontare a miei figli la fiaba di La Fontaine in una altro modo:

La Cicala cantava e ballava

FIAT: nel secondo trimestre 2006 il fatturato del Gruppo Fiat è cresciuto del 12,9% a 13,6 miliardi. Fiat Auto ha venduto nel primo semestre dell'anno oltre un milione di veicoli. Un risultato non più raggiunto dal 2001, con una crescita del 17,5% rispetto al primo semestre 2005. Nel secondo trimestre del 2006 "il significativo aumento dei volumi di vendita" ha consentito all'area Automobili di realizzare ricavi per 6,6 mld di euro, con una crescita del 18,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Nei primi sei mesi dell'anno l'area Automobili ha realizzato ricavi per 12,7 miliardi di euro, in aumento del 21% rispetto alla prima metà del 2005. Obiettivi rivisti al rialzo. Il Gruppo Fiat sulla base dei risultati raggiunti nel primo semestre 2006 e "pienamente in linea con gli obiettivi", conta di chiudere l'anno in modo più che ottimistico tanto da puntare "al rialzo degli obiettivi". Dunque il "tetto" della gestione ordinaria passa da 1,6 a 1,85 miliardi di euro (risultato della gestione ordinaria di Fiat Auto da 200 a 250 milioni di euro), il risultato netto da 700 a 800 milioni di euro (escludendo gli utili straordinari), l'indebitamento industriale di fine anno intorno ai 2 miliardi di euro. Confermati invece tutti gli altri obiettivi, compresi quelli per il 2007, ecc… ecc…
TOYOTA: Dai risultati dell’ultimo trimestre 2005 che la casa giapponese sta aumentando sempre più fatturato e utili. Alcune cifre: l’utile netto ammonta a 397,6 miliardi di yen (2,79 miliardi di euro), pari al 34% in più rispetto all’anno precedente, ottenuto grazie alla debolezza dello yen e all’aumento delle vendite, e nonostante i costi degli attuali programmi di espansione. Utili operativi aumentati del 14% (482,2 miliardi), vendite mondiali cresciute del 7,7%, e pari a 1,98 milioni di unità, 14.000 in più rispetto al corrispondente trimestre 2004. Nel 2006 Toyota mette a segno nel secondo trimestre fiscale (luglio-settembre) un balzo record dell'utile netto del 34%, a 3,45 miliardi di dollari. Quanto all'utile operativo, si è involato del 44%, a 4,92 miliardi di dollari…..6 febbraio 2007: Toyota, boom sui mercati Usa ed Europa e utili record (+7,3%). Il gruppo automobilistico giapponese Toyota Motor ha registrato un utile netto record nel terzo trimestre 2006 grazie alle forti vendite in Nord America e Europa. L'utile netto è cresciuto del 7,3% a 426,8 miliardi di yen (2,75 mld di euro), rispetto allo stesso periodo 2005 mentre il fatturato è salito del 15,2% a 6.146,6 miliardi di yen (39,56 mld euro).
TELECOM: (2004 – 2005) I profitti operativi hanno raggiunto i 3.597 milioni di euro, il 9,6% in più rispetto ai corrispondenti sei mesi dell' anno scorso, mentre i ricavi si sono attestati a 15.222 milioni di euro, con un incremento dello 0,5% rispetto al 2003. Quanto al margine operativo lordo, il dato preliminare indica una crescita del 2,4%, a 7.087 milioni di euro. Comunque è altalenante dato che dipende da tante variabili: ………L'utile netto consolidato è sceso a 2.448 milioni, in calo del 18,8% rispetto al 2006, Eppure si legge “ … Il debito finanziario netto a fine 2007 è invece calato a 35,7 miliardi dai 37,3 di fine 2006 e 37,4 a fine settembre 2007

Senza dubbio i dati di sopra vanno aggiornati al 2011, ma che importanza ha, lo sappiamo tutti che il mercato dell’auto è ormai in crisi, gli Italia, i Spagnoli, gli Irlandesi, i Portoghesi, i Greci e tanti altri non hanno più soldi, siamo tutti fortemente indebitati, chi vorra mai comprarsi una macchina nuova? Beh di cicale ce ne sono ancora tante, e molti continuano a comprarsi l’auto ma sicuramente il trend è in diminuzione ed il settore è in crisi.

La Cicala piange e si lamenta

Ottobre 2008: nei primi 10 mesi il calo delle immatricolazioni è stato del 5,4% a 12.852.387. In Italia, a ottobre, la flessione è risultata pari al 18,9% a 167.940 unità (-5,5% a settembre) e nei dieci mesi è arrivata a -12% a 1.879.165. Il gruppo Fiat ha venduto a ottobre 93.952 auto (-7,9%) … La casa torinese rispetto ai primi dieci mesi del 2007 ha venduto complessivamente il 3,2% in meno di vetture, con una quota di mercato che è salita di un decimo all'8% del totale. mentre Lancia (-6,6% a 99.266) e Alfa Romeo (-29,4% a 87.449) Nel solo mese di ottobre per il marchio Fiat -8,4%, per Lancia +6,9%, Alfa Romeo -15,7%, -30,8% gli altri marchi. Tutti i grandi gruppi hanno registrato segni negativi nel mese di ottobre con Vw a -7,6%, Psa -16,3%, Ford -11,9%, General Motors -25,2%, Renault -19,1%, Bmw -10,4%, Daimler -16,6%, Toyota -23,6%, Nissan -16,4%, Honda -25,7%.

E a quale Formica si rivolgerà sta Cicala?
L’inverno si sta avvicinando ed il settore automobilistico intero (non solo le tre grandi di Detroit) potrebbero trovarsi “…..senza più un granello e senza una mosca in la credenza…” e allora ricorreranno dalla Formica (il contributore – lo Stato)” … a chiedere qualche cosa, qualche cosa in cortesia per poter fino alla prossima primavera tirar via: promettendo per l’agosto, in coscienza l’animale, interessi e capitale"….. Ma dobbiamo fidarci ancora?

Ahimè oggi questo paragrafo riguarda tutti i settori economici, in particolar modo quello finanziario e quello immobiliare. Lo Stato non basta più, Greci, Portoghesi e Irlandesi intanto si sono rivolti ai grandi strozzini la troika ed il FMI …. Speriamo di non arrivare a quel livello.

Auguro a tutti voi un Natale sereno senza regali all’insegna della modestia simile a quella del festeggiato (Cristo) che nacque 2000 anni fa circa in una stalla o grotta (ha poco importanza) come l’ultimo dei poveri.

venerdì 9 dicembre 2011

Un Racconto Personale: La Guerra del Libano e l’Analogia con il Post-Picco (2): Quali lezioni da capitalizzare?


 

Una delle analogie che mi vengono in mente è l’attuale crisi finanziaria in corso dal 2008 e che ha raggiunto in questo fine anno 2011 un livello piuttosto pericoloso per molte nazioni Europee, influenzando altre nazioni extra europee più o meno solide e mettendo a repentaglio l’esistenza stessa della moneta unica. Personalmente penso che tutta questa storia sia dovuta principalmente ad un fattore strutturale rappresentato dalle varie bolle che si sono create dal sistema capitalistico moderno (immobiliare, credito al consumo, mutui), e dal superamento del picco del petrolio ai quali si sommano di volta in volta diversi tipi di fattori congiunturali. Credo poi (a torto o a ragione) che esiste anche una regia internazionale che sta pilotando queste crisi, magari per raggiungere il desiderato nuovo ordine mondiale[1]. Secondo me, il Libano (come le altre nazioni che hanno vissuto o che stanno sperimentando i tormenti di una guerra) può essere considerato un ottimo esempio per tentare di capire cosa potrebbe succedere, quando una Nazione va in default, cioè fallisce in tutti i sensi: politico, sociale, economico, ecc. e come potrebbe uscirne alla fine. Perché, come si dice da noi “tutto ha una fine”, penso che ci sia ancora uno spazio per rimanere ottimisti. Ovviamente tutto dipende da come le cose si evolvono e si evolveranno, e dalla capacità di ognuno di adattarsi e adeguarsi ai cambiamenti anche più drammatici. Molti ne usciranno con le ossa rotte, altri rinnovati, altri ne trarranno vantaggi.


Una prima lezione da capitalizzare è che non dobbiamo fidarci troppo della capacità dei politici locali per risolvere una crisi, l’esperienza diretta dimostra che questi non ne sono capaci per la semplice ragione che il primo ruolo di un politico è quello di proteggere gli interessi di pochissimi privilegiati.

La lunghissima crisi libanese si era risolta da se nel 2005, dopo che l’occupazione Siriana aveva raggiunto ormai il limite delle sue capacità dissuasive e di controllo di una popolazione per la maggior parte molto ostile; dopo che gli interessi mondiali si sono spostati altrove (Iraq, Afghanistan, Pakistan, Iran).  L’unico fatto che aveva velocizzato il processo di ritiro dei Siriani e di cambiamento radicale era stato l’assassinio di Rafik Hariri[2] seguito da un movimento popolare (la primavera libanese) tale da disorientare tutta la classe politica libanese, siriana, israeliana e ovviamente statunitense. Il Libano è uscito dalla fase più acuta della guerra soltanto grazie alla volontà della sua meravigliosa popolazione (4 milioni di esseri umani) e la sua diaspora (tra 9 e 11 milioni di persone). Durante la guerra libanese (1975 – 1991) sono stati colpiti duramente tutti i settori economici: finanziario (banche e borsa), economico (mercati, commercio, trading, e turismo) e politico (strutture dello stato, forze armate e di polizia). L’unico settore che non aveva conosciuto guai seri era quello dell’immobiliare e della costruzione. Anche il settore agricolo era stato colpito, ma i danni maggiori sono stati subiti molto dopo in particolare durante il periodo post-bellico.


La seconda lezione da capitalizzare, è che il settore immobiliare nasce per assicurare un rifugio, una casa alle persone e per riparare, mantenere o migliorare le condizioni di questa casa. Finché, in Libano, le condizioni erano tali, il settore immobiliare (per la maggior parte) rimaneva fuori dalla bolla speculativa, i prezzi degli appartamenti erano adeguati e accessibili, il costo del materiale edilizio permetteva ai meno abbienti di potersi costruire da se (per se e per i loro figli e nipoti) una casa. Purtroppo, dalla fine della guerra (indicativamente dal 1992), anche in Libano la bolla immobiliare si è avviata grazie a enormi investimenti (in particolare dai paesi del Golfo), creando una situazione nuova identica a quella Europea o Cinese, con la costruzione di appartamenti di varia grandezza, hotel, palazzoni, centri congressi ed altro che sono per la maggior parte del tempo, invenduti o sotto utilizzati. Aggiungendo a tutto questo l’aumento dei prezzi del materiale edile dovuto all’esaurimento interno ed esterno delle risorse minerarie e di suolo necessari per costruire. Oggi un appartamento a Beirut o fuori è venduto ad un prezzo molto gonfiato e inaccessibile dalla maggior parte della popolazione. Dal punto di vista sociale e come avevo accennato prima che, durante la guerra, intere comunità erano state devastate o distrutte, centinaia di migliaia di persone hanno lasciato il paese (portandosi dietro le migliori risorse umane) verso destinazioni diverse in cerca di vita migliore, molti si sono estremamente impoveriti, pochi privilegiati, banditi, assassini, approfittatori e parassiti ne hanno tratto profitti immensi. Tuttavia una fetta importantissima della popolazione ha resistito e ha continuato a credere che un futuro sia sempre migliore possibile rimboccandosi le mani ad ogni tregua, ripulendo, ripristinando e ripartendo da capo. La gente ha continuato ad andare a lavorare, gli studenti a studiare. Si andava al mare o in montagna a sciare, a frequentare ristoranti o andare nei night a ballare. Quello che non è mai venuto a mancare è la cultura, l’arte, il teatro, il cinema.

Terza lezione da capitalizzare, come aveva scritto il poeta tunisino Abul-Qasim Al Shabi[3]: “Il giorno in cui un popolo desidererà la vita, allora dovrà rispondere alla chiamata del suo destino; e la sua notte inizierà a svanire, e le sue catene si spezzeranno; mentre per chi non è attaccato appassionatamente alla vita tutto svanirà nel nulla”. Questo per dire che un popolo non può attendere che siano i politici a risolvere i suoi problemi, ma dovrà contare su se stesso e sulla sua maturità.

Non posso non sentirmi preoccupato di quello che sta succedendo in Europa in generale ed in Italia in particolare; a nessuno piace vedere bruciati i suoi risparmi (e quelli degli altri ovviamente) oppure immaginarsi una vecchiaia priva di un minimo di sicurezza, il futuro dei suoi figli messo a repentaglio a causa dei giochi di potere e di possessione da parte di pochi individui. Ma guardandomi intorno e riflettendo meglio mi rendo conto che esiste un problema più serio che sta mettendo in serio pericolo non solo il nostro benessere economico, ma la sopravvivenza futura della nostra specie e delle altre specie viventi. Un problema che a poche centinaia di individui che sfruttano le loro posizioni di magnati, politici, grandi affaristi, importanti giornalisti, capi militari ed altro, che non sono interessati a nient’altro che al profitto, conta pochissimo o fanno finta che non esista: il disastro ambientale in atto ormai da troppo tempo. Finché la guerra era in corso, gli impatti sull’ambiente erano circoscritti a poche aree del paese, ma dal momento che la baldoria del sangue era terminata nei primi anni 90, il disastro era iniziato. Nessun controllo e nessuna legge o azione di protezione del territorio era ed è comunque attuata, l’urbanizzazione si allarga a ritmi rapidissimi (basti pensare alla città di Gebeil o Byblos che si trova a 35 km a nord di Beirut, le cui colline sono state completamente occupate da bruttissimi palazzi e in meno di 2 o 3 anni; mentre procedendo di più verso l’interno le cave per l’estrazione del materiale per l’edilizia si erano moltiplicate distruggendo le splendide vallate verdi e intere coltivazioni di agrumi, meli, banani ed altro. In Italia non va meglio e lo viviamo ogni anno (e in maniera sempre più pericolosa e devastante) con l’arrivo delle piogge autunnali e primaverili (ma questo anno anche con molta probabilità con le poche piogge invernali).


Ultima lezione a questo punto da imparare e diffondere prima che sia veramente troppo tardi, l’economia e la finanza sono importanti, ma non tali da giustificare la distruzione di ogni possibilità di recupero ambientale che riguarderà fondamentalmente le generazioni future, i giovani di oggi, i nostri (ed i loro) figli e i futuri nipoti. Quale migliore investimento potrebbero fare le banche, le finanziarie, i politici se non sul recupero e la protezione del territorio, una gestione più razionale delle poche risorse rimaste, la protezione delle foreste (anche quelle amazzoniche che il governo del Brasile intende distruggere per fare un favore alle lobby dei cosiddetti “bio”carburanti, dell’asfalto, del mobiliare e dell’immobiliare? I costi sociali e ambientali che dovremmo affrontare tutti quanti in un futuro molto prossimo sono e saranno troppo elevati; cosi elevati da richiedere non una finanziaria ma tante finanziarie all’anno. Vale la pena?

Tutti sono cosi fortemente preoccupati della crisi finanziaria e dell’Euro che nessuno si è reso conto che il 2011 è stato in assoluto l’anno più caldo di questo 21esimo secolo. Purtroppo, a quanto pare, ancora non abbiamo raggiunto il peggio, sennò qualcosa di buono sarebbe cambiato.


Con Post-Picco si intende il post-picco del petrolio definito da ASPO-Italia (www.aspoitalia.it) come il momento in cui la produzione petrolifera di una regione, di una nazione o del mondo raggiunge il suo massimo. Dopo questo punto, essa declina inesorabilmente, con pesanti conseguenze sulla disponibilità di energia. Una fondamentale prova della correttezza di questa teoria fu data da M. King Hubbert quando, nel 1956, predisse correttamente che il picco della produzione petrolifera degli Stati Uniti sarebbe avvenuto intorno al 1970

lunedì 7 novembre 2011

Un Racconto Personale: La Guerra del Libano e l’Analogia con il Post-Picco

Autore: Dr. Toufic El Asmar
ASPO - Italia

Tutti descrivono il Libano come la “Svizzera del Medio Oriente” pensando ad un paese con una natura ed un paesaggio simili a quelli Svizzeri. Paesaggisticamente il Libano è molto bello, caratterizzato da una popolazione per la maggior parte ospitale, generosa, che ama divertirsi. Ma il paragone con la Svizzera riguardava e riguarda ancora il sistema bancario che è segreto, solido e che assicura interessi attraenti per gli investitori. I problemi erano tanti e la guerra non iniziò per caso ma era il risultato di una serie di fatti geopolitici, economici, energetici, politici, sociali. Una situazione sempre più esplosiva che tutti ignoravano o facevano finta di nulla o negavano, malgrado i richiami di qualche Cassandra. Vorrei con questo racconto rendervi partecipi delle mie esperienze di vita, vissute per un lungo periodo, in un contesto di grandi crisi che potrei paragonare per similitudine ad una probabile crisi post-picco e di shortage o carenza di beni e mezzi essenziali per il nostro benessere. Dalla mia nascita nel 1964 fino alla fine dell’estate 1984, vissi con i miei genitori, due fratelli e una sorella, a Beirut in un quartiere che era considerato uno dei migliori di tutta la città. Abitavamo in un appartamento grande, al secondo piano di un palazzo alto 6 piani. In quel quartiere troviamo ancora una chiesa ed una moschea, e la convivenza tra cristiani e musulmani non si era mai incrinata (salvo un paio di cretini di quel tempo).

Beirut, Martedì 15 Aprile 1975, data ufficiale di inizio della guerra in Libano: in quel giorno cadevano i primi morti. Si è trattato di una guerra che durò, ufficialmente, fino al 13 Ottobre 1990 durante la quale una popolazione di 3,5 milioni di abitanti ha dovuto adattarsi a moltissime privazioni come l’assenza, per settimane intere o anche mesi, dell’energia elettrica, la difficoltà di reperire generi alimentari, il gas per cucinare, l’acqua e tante altre necessità . Durante quell’anno, il 1975, avevo 11 anni e non realizzavo ancora quello che stava succedendo; ma pian piano le notizie che ci giungevano via radio oppure per sentito dire, ci rivelavano la dimensione del dramma.

Beirut – vista aerea

Per tutto il periodo che andava dall’estate del 1975 fino al 1977 circa, la radio diffondeva informazioni particolari sulla  viabilità e la sicurezza delle strade Non come quelle di Isoradio ma ci informava su quali strade erano sicure e percorribili, quali erano insicure ma percorribili e quali da non prendere in nessun caso dato che la presenza di cecchini o combattimenti, ma anche la frequenza o meno di rapimenti, le rendevano estremamente pericolose. Dunque, malgrado le prime battaglie, nella maggior parte di Beirut e del Libano, la vita andava avanti come sempre, nel senso che c’era ancora benzina, elettricità, pane, uova, acqua, ecc. Potevamo ancora fare il bagno o la doccia, lavare i piatti e bere acqua dalla cannella. L’ascensore funzionava e la fornitura delle bombole del gas (per la cucina) era regolare; anche l’olio per il riscaldamento centrale ci arrivava regolarmente. I voli della MEA (Middle East Airlines) la compania di bandiera libanese e quelle delle altre companie internazionali, continuavano a volare sopra le nostre teste durante le loro manovre di atterraggio verso l’aeroporto di Beirut. Tutto questo non durò a lungo. A man  mano che le battaglie andavano avanti e si intensificavano, i problemi iniziavano ad emergere. L’inasprimento degli scontri militari e politici oltre a morti e danni, causarono i primi blackout, che furono seguiti da altri, finché le centrali elettriche non furono fortemente danneggiate (anche oggi l’erogazione dell’energia elettrica avviene ogni 6 – 12 ore a fasce orarie e per aree geografiche). Le forniture di carburante, gas, olio ed altri beni iniziarono a diminuire fino a cessare del tutto quando la situazione diventava completamente fuori controllo. I trasporti merci via terra (attraverso  la Siria), cielo e mare erano stati per lungo tempo bloccati; il porto di Beirut fu completamente razziato dalle milizie mentre la stessa sorte toccò all’aeroporto per mano delle forze siriane o israeliane di occupazione. Il settore turistico è fallito e nel cuore di Beirut, nella famosa via delle Banche, nella via Sursok, e in  tutto il centro storico e commerciale della Capitale, distruzioni, sciacallaggii, devastazioni avevano annientato il famoso tessuto economico e commerciale del Paese. Troppe persone si trovarono senza lavoro, i conti correnti furono svuotati dai ladri, la borsa distrutta.

Centro di Beirut 1976, mercato dei gioiellieri

Dunque in sintesi abbiamo vissuto una situazione molto simile a quella che potremmo vivere tra qualche anno qualora si verificassero le previsioni di Cassandra: “crisi energetica determinata da prezzi proibitivi del petrolio, una situazione economica e finanziaria deflagrata, esaurimento della maggior parte dei minerali, diminuzione delle terre produttive, produzione agricola deficitaria, trasporti merci a lunga distanza costosissimi e proibitivi, guerre e insicurezze". A questi dobbiamo aggiungere i problemi ambientali e climatici dovuti ai Cambiamenti Climatici, con l’incremento dell’intensità e la frequenza dei fenomeni anomali come le siccità prolungate, le inondazioni e le temperature molto elevate o molto basse a seconda della stagione.

Adattarsi o andare via, come vivere in condizioni di shortage?
In queste condizioni di caos estremo i Libanesi hanno dovuto scegliere e tale scelta non poteva essere facile ne immediata: andare via vuol dire cercare rifugio in altri parti del Paese con il rischio di ritrovarsi la guerra di nuovo in casa; cambiare Paese vuol dire ripartire da capo e questo lo poteva fare solo chi aveva soldi e forza sufficiente; rimanere voleva dire prima di tutto adattarsi psicologicamente oppure fare parte dei miliziani e di coloro che hanno devastato la Nazione a torto o a ragione. Noi e tanti altri avevamo scelto di rimanere. La capacità di adattarsi alla nuova situazione voleva dire sopravvivere. Dunque bisognava prima di tutto modulare la propria psicologia accettando la situazione e creare tutte le condizioni necessarie per poter continuare a vivere in modo “normale”.
I problemi da risolvere erano:
-          Assicurarsi il cibo, l’acqua potabile, e la conservazione del cibo
-          Assicurarsi l’energia per Cucinare
-          Trovare acqua per l’igiene del corpo e per le faccende della casa
-          Illuminarsi le nottate
-          Disfarsi dei rifiuti
-          Procurarsi medicine e sapone
-          Muoversi entro e fuori la città quando era necessario
-          Curare la mente e assicurare l’educazione
-          Riscaldarsi d’inverno e rinfrescarsi d’estate

Più o meno gli stessi problemi da risolvere in caso di carenza di risorse?

Esistono a mio parere almeno tre fasi di adattamento: la prima è quella più acuta, quando si verifica un evento improvviso, catastrofico, e/o estremo. Durante questa fase di emergenza cerchiamo prima di tutto di assorbire il danno, e trovare i mezzi per sopravvivere. La seconda fase è quella di adattamento, è una fase di passaggio dall’emergenza alla quasi normalità durante la quale ci organizziamo meglio e ci rendiamo conto di tutti i pro e i contro delle nostre scelte. La terza fase è di mitigazione degli effetti dell’evento disastroso e la ricerca delle soluzioni più all’avanguardia capaci di portarci ad una situazione simile a quella normale di pre-crisi. La durata delle fasi è variabile e dipende da molti fattori. Quello che conta è la nostra capacità di adeguarci, organizzarci e soprattutto di prevenzione.

Vivere la crisi e superarla nel miglior modo possibile
La guerra in Libano era durata circa 16 anni (Aprile 1975 – Ottobre 1991) con alti e bassi, cioè momenti di estrema violenza (come ad esempio la guerra dei 100 giorni durante i quali Beirut ed altre aree del Libano furono bombardati in maniera intensa e senza sosta) e momenti di calma relativa dovuta all’instaurarsi di una situazione di status quo. I periodi di massima intensità erano caratterizzati da situazioni di grande difficoltà e mancanza quasi totale di qualsiasi elemento di benessere. Andare fuori per comprarsi il cibo, portare l’acqua o cercare le candele per illuminare le stanze durante la notte era estremamente pericoloso. Durante i periodi di calma, le cose andavano meglio. Tuttavia nei momenti più duri la gente diventava più solidale e disponibile.
Quando veniva a mancare la corrente elettrica (avevamo conosciuto blackout lunghi anche un anno) i disagi erano molteplici:
- Il frigorifero spento: il cibo si deteriora, non si può più conservare nulla soprattutto durante l’estate, e non si può bere acqua fredda. Quando si era fortunati arrivava nel nostro quartiere un venditore di cubi di ghiaccio del peso di circa 5 kg che facevamo tagliare e poi mettevamo nel freezer per conservare la carne per almeno 2 giorni. Comunque il cibo non rimaneva a lungo lo consumavamo velocemente.
- L’ascensore fermo: Beh c’era ben poco da fare, tutti a piedi su e giù (il lato buono è che si facevano esercizio e si rimaneva in forma). Il problema era maggiore per i vecchi e per trasportare la roba pesante. Una cosa positiva delle crisi è che aumenta la solidarietà e la coesione tra i vicini e gli abitanti dello stesso quartiere: io ti aiuto e ti difendo perché mi aspetto che tu faccia lo stesso per me.
- La notte si rimaneva al buio: mi ricordo il buio pesto delle strade durante la notte, le grida di gioia e gli applausi della gente quando veniva ripristinata. Le candele erano state le nostre compagne per molte notti. La notte era un momento particolare, affascinante e anche quando i combattimenti ed i bombardamenti si intensificavano, la notte era anche paura. Di notte, le città vuote (le macchine circolavano raramente, e la gente si rintanava in casa propria) sono come le stanze vuote, amplificano i suoni (puoi sentire i passi provenienti da lontano, o il rombo delle bombe) e tutto ciò diventa inquietante o affascinante quando sei sul balcone, d’estate o in case d’inverno alla luce fioca delle candele: mi tornano in mente le serate che passavano i miei genitori insieme ai vicini che giocavano a carte fino a notte tardi, oppure quasi tutti i vicini del palazzo, che si rifugiavano a casa nostra durante i bombardamenti, dormivamo in 10 o più nella stessa stanza. Negli anni ottanta passammo dalle candele (fase acuta o di emergenza della crisi) alle lampade ad olio poi a quelle a benzina (fase transitoria), infine dalla metà degli ottanta, ai generatori elettrici (fase di quasi normalità). Comunque questi generatori non servivano granché quando mancavano le forniture di combustibili.
- Le pompe dell’acqua erano ferme, dunque era impossibile fare salire l’acqua verso i piani superiori. Le soluzioni adottate erano diverse, la più comoda era quella di approfittare dei rari momenti di ritorno della fornitura di acqua per riempire la vasca del bagno e creare cosi dei depositi di acqua dentro casa. Ma non sempre questo era sufficiente per cui si andava un po’ tutti verso un area dove si distribuiva l’acqua alla gente o dove c’è un pozzo di acqua (Beirut è ricchissima di pozzi d’acqua di falda: purtroppo oggi la maggior parte di questa acqua si è mescolata con quella del mare). Ciascuno di noi portava dunque due secchi a testa, li riempiva di acqua (potabile o meno a seconda delle esigenze) e si riportavano a casa (lungo le scale). L’acqua potabile veniva messa in contenitori sterilizzati, mentre l’altra messa nelle vasche da bagno. Per lavarci ci si aiutava, con il catino e cercando di usarne il meno possibile, questa è decisamente la soluzione migliore per economizzare.
- Per cucinare ci si affidava ai venditori delle bombole del gas, ma per lungo tempo avevamo usato anche i fornelli a petrolio simili a quelli da campeggio ma più grandi. Quando i rifornimenti di bombole di gas erano possibili ne compravamo 3 o 4 di scorta che lasciavamo sul balcone.
Preparazione del pane libanese

- Mi ricordo mio padre insieme a mio zio che compravano sacchi di farina da 50 kg, la scorta era d’obbligo. Molto del cibo come verdura e frutta, uova e carne di pollo, lo produceva mia nonna che aveva un bell’orto molto ricco. Mia nonna insieme alle sue amiche-vicine, si alzavano alle quattro la mattina e preparavano il pane libanese. La cosa buona del pane libanese è che si conserva a lungo. Dunque il pane non mancava se si riusciva a farlo in casa. Il problema era avere la farina e questa nei momenti di intensi combattimenti non arrivava più. Sicuramente la carne era più difficile da trovare, e mia nonna (che aveva vissuto la fame durante la prima guerra mondiale) sapeva come organizzare e ovviare alle mancanze sicché c’era sempre qualche pietanza a base di grano, riso, legumi, e verdure di vario tipo. Ovviamente la carne di pollo veniva lasciata per la domenica e le occasioni importante. Era mia nonna che sapeva uccidere i polli che poi cucinava per un esercito di persone (minimo 15 persone durante la settimana e più di 20 durante la domenica).
- Per quanto riguarda il trasporto, la mia famiglia non possedeva una macchina quindi ci si spostava raramente su lunghe distanze (magari quando si doveva scappare da Beirut). Tuttavia durante i momenti di scarsità di petrolio (cioè quando la situazione era molto calda) la gente faceva delle file lunghissime (qualche volta ci scappava il morto). A dire la verità nei momenti di calma il traffico si intensificava, le persone andavano al lavoro e i Libanesi hanno sempre dimostrato di essere persone molto attive, caparbie e ottimiste. Appena cessavano i bombardamenti o i combattimenti si rimettevano subito a pulire e ricostruire perché la vita deve andare avanti.

Cosa riserverà il futuro?
All’inizio nessun libanese aveva capito a fondo cosa stesse succedendo; il passaggio dall’emergenza alla stabilità aveva seguito il percorso degli eventi e quasi tutti hanno vissuto alla giornata. La capacità di adattamento dipende molto dall’istinto di sopravvivenza e dall’avere comunque e sempre una certa dose di ottimismo. Allo scoccare della mezzanotte di ogni Capo d’Anno tutti ci dicevamo che è finita tanto, peggio di cosi non potrebbe andare, speriamo che il prossimo anno ci porti la pace e la tranquillità. Non sempre è stato cosi, ma è stato sufficiente per andare avanti.
Il Libano oggi continua a trovarsi in una situazione delicata, esso è completamente influenzato dalle crisi regionali. A queste vanno aggiunte la sua quasi totale dipendenza dalle importazioni di materie prime e cibo, la sua produzione agricola interna non è sufficiente ed i terreni produttivi sono drasticamente diminuiti. Il 98% delle sue necessità energetiche dipendono dal Petrolio, il rimanente 2% da un po’ di idroelettrico, geotermico e qualche impianto fotovoltaico e un paio di piccolo eolico. I cambiamenti climatici hanno allungato la stagione siccitosa, il Paese era caratterizzato da un alternarsi di 6 mesi di sole a 6 mesi di piogge con il picco durante il periodo Dicembre – Marzo. Essendo la montagna più alta del Medio Oriente, il Libano (il nome proviene dalla parola Laban, che in fenicio vuol dire bianco, perché nel passato le sue cime più alte, fino a 3018 m erano sempre bianche. Purtroppo il ghiacciaio è scomparso), ha ancora la fortuna di essere un enorme serbatoio di acqua che però non può sfruttare pienamente dal momento che i suoi vicini Israele e Siria non glielo permettono. Staremo a vedere, intanto è l’Italia che si trova sotto le piogge torrenziali.

Questo articolo è stato pubblicato anche sul blog di ASPO Italia http://aspoitalia.blogspot.com/

martedì 9 agosto 2011

I Disordini di Londra

 Source of image: http://www.thepale.ie/wp/?cat=1&paged=4

Una delle prime conseguenze della crisi finanziaria ed economica in corso da ormai 3 anni è stata la perdita del potere di acquisto delle fasce medio - deboli. Tra quelle troviamo anche e sopraiani, ttutto la maggior parte dei milioni di immigrati che si trovano da decenni in Europa.
Altre conseguenze della crisi finanziaria sono l'incremento delle tasse e la crescita della disoccupazione soprattutto quella giovanile. I giovani non vedono il fondo del tunnel e quelli immigrati sono ancora piu arrabbiati e preoccupati perché sanno benissimo che se per gli autoctoni le prospettive sono nere per loro sono peggiori.
Non dimentichiamo anche che la maggior parte degli immigrati in Europa soino musulmani o animisti (nel caso dei Africani)...la loro popolazione è in crescita all'interno dei propri quartieri ghetto e appartamenti. I quartieri (come alcuni di Milano) sono delle fotocopie miniatura dei loro differenti Paesi, stesse abitudini, stessi comportamenti, stessa religione, stessa cultura. Essendo tutti cosi diversi (ivi compreso la lingua parlata che quasi mai è l'inglese) che non si tollerano a vicenda, indiani, pachistani, turchi, cinesi, africani, asiatici di tutti i tipi ... un bel melting pot o meglio calderone etnico riuscito malissimo.

Certo la polizia inglese, come tutte le polizie di questo mondo ha le proprie responsabilità, ma non sono affatto convinto che quello in corso a Londra sia una forma di protesta. E' soltanto un sistema che sta collassando, come d'altronde quello francese, vi ricordate le banlieu parigine?

Qualche settimana fa Ugo aveva visto benissimo, lui già si aspettava una nuova crisi dei mercati e della finanza e a quella si associano sempre problemi di ordine pubblico ... questa volta è Londra, prima era Parigi, la prossima?

Saluti

mercoledì 15 giugno 2011

Lettera aperta di un precario al Ministro Brunetta

(sorgente foto: http://www.ilsecoloxix.it/p/levante/2009/05/26/AMVYwEcC-brunetta_chiavari_tribunale.shtml)

Signor Ministro Brunetta

La sua uscita sui "precari" che lei ha definito "i peggiori d'Italia" è stata di pessimo gusto e soprattutto offensiva. Ho tanta voglia di essere indulgente (sperando che la sparata sia dovuta ad un momento di nervosismo) con lei ma non mi riesce.
Lei è stato molto contraddittorio signor ministro, prima inneggia all'innovazione e poi insulta quelli che fanno grande l'Italia, pur sapendo benissimo che la maggior parte della ricerca, dell'innovazione e dell'eccellenza in questo Paese è sempre stata portata avanti dai PRECARI.
Io mi sono fatto 16 anni di precariato (e lo sono tutt'ora) presso i Centri di Ricerca e Università d'Italia, ho prodotto brevetti e innovazioni eppure non ho mai avuto un riconoscimento ne dallo Stato Italiano ne da alcuni (pochissimi) colleghi arrivati alla stabilizzazione per via dubbie e/o contorte e che non hanno mai (ad oggi) prodotto/pubblicato un bel niente di significativo.
Eppure cosa chiediamo se non il riconoscimento dei nostri MERITI, un certa stabilita capace di farci vivere con quella serenità necessaria per continuare a contribuire a fare crescere il nostro Paese (l'Italia). Noi signor ministro le tasse le paghiamo sempre e ne siamo FIERI.

Signor Ministro lei deve a tutti noi precari, alle nostre famiglie, ai nostri sacrifici, al futuro dei nostri figli delle SCUSE FORMALI E PUBBLICHE.


Cordiali Saluti
Toufic El Asmar - Precario da troppi anni

http://www.repubblica.it/politica/2011/06/15/news/insulti_ai_precari_scoppia_il_caso_brunetta_bersani_estremista_e_preoccupante-17735994/?ref=HREA-1

martedì 14 giugno 2011

Ha vinto il SI ora deve vincere anche la Coerenza e la Serietà

Ha vinto il Si e ne sono veramente felice. Sono felice perché ancora una volta abbiamo dimostrato che la Democrazia non è una solo una parola demagogica, ma è una pratica bellissima che ci ha permesso di esprimere il nostro parere contrario alle scelte di una classe politica idiota, egoista e fortemente legata al profitto e agli affari.


Ma non basta, ora dobbiamo creare una politica alternativa.costruttiva, capace di vedere il futuro e prevedere il rischio al quale tutti i Paesi sviluppati (industrializzati) e non, stanno andando incontro.
L' Italia non ha nessuna strategia energetica plurienneale; sia la destra, che la sinistra che il centro, non hanno la minima idea delle crisi in corso e di quello che stiamo preparando per le prossime generazioni.
E' tempo di cambiare paradigma, modi di pensare e di agire prima che sia veramente troppo tardi. Cerchiamo di capire:
- Crisi energetica dovuta alla diminuzione delle riserve petrolifere mondiali
- Crisi industriale dovuta all'esaurimento dei minerali
- Crisi finanziaria dovuta alle politiche nefaste delle banche e di chi le sta proteggendo
- Crisi alimentare dovuta alla continua crescita dei prezzi dei generi alimentari (cereali in particolare)
- Crisi Climatica e ambientale dovute sia ai Cambiamenti Climatici in atto e al Riscaldamento Globale per origine antropica e non
- Crisi Demografica dovuta ad una continua esponenziale cresicta della popolazione mondiale in un mondo con risorse finite

I cambiamenti climatici insieme alla pressione demografica stanno facendo crescere il numero degli affamati nei Paesi più poveri del Mondo. Ma ATTENZIONE anche i Paesi industrializzati sono a rischio perché se una volta erano produttori di cibo oggi sono per la maggior parte importatori fortemente dipendenti dal petrolio. Ed il giorno in cui il prezzo del barile di greggio toccherà prezzi mai visti prima (sopra i 200-250 dollari al barile) città come Londra, New York, Tokyo, Parigi, Roma ecc.... soffriranno la fame ....

Dunque mi auguro che sia il governo attuale uscito da batoste elettorali sonore, che quelli eventuali futuri possano capire la situazione e inizino la rotta verso la salvezza iniziando a mandare a casa tutti i tecnici che gli hanno malamente consigliati in questi ultimi anni e si trovino nuovi tecnici capaci di elaborare piani di salvezza climatica, ambientale, energetica, economica e sociale ... PRIMA CHE SI RAGGIUNGA IL PUNTO DI NON RITORNO (che non è lontano)

mercoledì 4 maggio 2011

12 Giugno 2011: Il Referendum è un nostro diritto costituzionale

L' Italia è un Paese Libero e Democratico e a noi piace cosi .... Non ha importanza cosa sceglierete nel segreto delle urne, l'importante è che NON DOVETE FARVI SCIPPARE IL DIRITTO AL VOTO E AL REFERENDUM.


(Fonte immagine: http://www.lenotizieusa.com/)

Passo su questo blog, il seguente messaggio che ricevo via mail e che merita di essere pubblicato, ma prima di tutto vorrei ricordare alla Direzione RAI e al Governo Italiano ciò che dice la Costituzione riguardo al voto Referendario ossia l'ARTICOLO 75, art. 87, :

"Articolo 75
E` indetto referendum popolare [cfr. art. 87 c. 6] per deliberare l'abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge [cfr. artt. 76, 77], quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio [cfr. art. 81], di amnistia e di indulto [cfr. art. 79], di autorizzazione a ratificare trattati internazionali [cfr. art. 80].
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.La legge determina le modalità di attuazione del referendum".

ANDATE TUTTI A VOTARE. Di seguito la mail:

"Ciao a tutti,
confermo la necessità di questo passaparola, aggiungendo che si tratta di informazione per ri-affermare i diritti costituzionalmente garantiti . Il dramma è che sembra la maggior parte della popolazione non sia consapevole di quanto sta avvenendo.
Quello che Vi porto è solo un piccolo esempio. Sono una ricercatrice, mi occupo di diritto ambientale e di risorse idriche. Ieri mattina dovevo intervenire ad un programma RADIO RAI (programmato ormai da due settimane) per parlare del referendum sulla privatizzazione dell'acqua e chiarirne meglio le implicazioni giuridiche.
'E arrivata una circolare interna RAI alle 8 di ieri mattina che ha vietato con effetti immediati a qualunque programma della RAI di toccare l'argomento fino a giugno (12-13 giugno quando si terrà il referendum), quindi il programma è saltato e il mio intervento pure.
Questo è un piccolo esempio delle modalità con cui "il servizio pubblico" viene messo a tacere e di come si boicotti pesantemente la possibilità dei cittadini di essere informati e di intervenire (secondo gli strumenti garantiti dalla Costituzione) nella gestione della res publica. Di fronte a questa ennesima manifestazione di un potere esecutivo assoluto che calpesta non solo quotidianamente le altre istituzioni, ma anche il popolo italiano di cui invece si fregia di esser voce ed espressione, occorre  riappropriarci della nostra voce prima di perderla definitivamente.
Il referendum è evidentemente anche questo!

Mariachiara Alberton"


RICORDATEVI CHE DOVETE PUBBLICIZZARLO VOI IL REFERENDUM... perchè il Governo non farà passare gli spot ne' in Rai ne' a Mediaset.
Sapete perché ? Perché nel caso in cui riuscissimo a raggiungere il quorum lo scenario sarebbe drammatico per i governanti ma stupendo per tutti i cittadini italiani:

Vi ricordo che il referendum passa se viene raggiunto il quorum. E'
necessario che vadano a votare almeno 25 milioni di persone
Il referendum non sarà  pubblicizzato in TV.
I cittadini, non sapranno nemmeno che ci sarà un referendum da votare il 12 giugno.
QUINDI : I cittadini, non andranno a votare il referendum.
Vuoi che le cose non vadano a finire cosi ? Copia-incolla e pubblicizza il
referendum a parenti, amici, conoscenti e non conoscenti.
Passaparola in rete e su tutti i blog

martedì 22 marzo 2011

Non esistono guerre giuste - Esperienza personale

(Fonte dell'immagine: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=580)

Avevo 11 anni quando iniziò la guerra nel Libano (Aprile 1975) o meglio quando iniziarono le guerre in Libano. Molti Paesi vicini e lontani si sono avvicendati e concordati per intervenire politicamente e soprattutto militarmente: Siria, Israele, Stati Uniti d'America, Somalia, Libia, Arabia Saudita, Francia e anche Italia. Tutti sono venuti in Libano nel nome di una pace (ad esempio la Pace in Galilea) o per difendere un popolo (Le forze multinazionali) o semplicemente per occuparlo per circa 30 anni (Siria). Tutti hanno portato con se armi, devastazione e soprattutto vittime civili. Ovviamente anche le fazioni interne si sono massacrate a vicenda, compreso fazioni dell'esercito libanese. Ma questi avevano i loro motivi interni e comunque avevano provocato troppe vittime.
In questo post mi interessa di più fare capire cosa vive un ragazzo di 11, 13, 14, anni ecc.. quando sono in corso combattimenti, bombardamenti sia da cannoni che da aerei.
Dai primi combattimenti, io ed i miei fratelli e sorella (ma anche tutti gli abitanti di Beirut) avevamo imparato a distinguere i cannoneggiamenti in partenza (cioè quelli che venivano sparati da zone non lontane da casa nostra) da quelli in arrivo. Abbiamo imparati a capire la differenza tra i missili "Grad" o simili e quelli lanciati da aerei da combattimento. Vi assicuro che in tutti i casi è stata una esperienza spaventosa e psicologicamente stressante. Chi non vive (sopravvive) per lungo periodo ad una guerra, difficilmente riesce ad abituarsi ai suoni delle deflagrazioni delle bombe, della caduta di vetri, detriti ed altro materiale e al successivo silenzio in attesa dell'arrivo della prossima bomba o del prossimo missile.
Quando iniziavano i bombardamenti tutti cercavamo di nasconderci o almeno di ripararci in angoli che ritenevamo sicuri oppure (laddove c'erano) la gente si nascondeva nei rifugi sotterranei. Mi ricordo che a casa nostra ci si rintanava nel corridoio vicino all'entrata, con tutti i vicini dei piani alti che venivano a rifugiarsi da noi. Si chiudeva gli occhi, o le orecchie, si pregava e si aspettava l'arrivo della bomba sperando che non ci cascasse sulla testa a tutti quanti. I momenti dei bombardamenti erano momenti di vero terrore, molto peggiori dei combattimenti stessi per strada tra i vari belligeranti. Un fischio o sibilo, l'aria che si sposta calda, la deflagrazione che spacca i timpani, la sicurezza che in quel momento qualcuno è morto o ha perso la propria casa, o è rimasto gravemente ferito aspettando aiuti che sarebbero arrivati forse troppo tardi.
Nel 1982, durante l'invasione Israeliana (operazione Pace in Galilea), avevo circa 17 anni ed ero ormai abbastanza abituato a tutte le follie della guerra, mi mettevo sul balcone ad osservare gli aerei Israeliani che scendevano in picchiata sopra un quartiere di Beirut, lanciavano i missili e risalivano mentre la contraerera sparava all'impazzata. Era molto impressionante vedere i traccianti durante le ore del crepuscolo e la notte, e tutto era molto spaventoso.
Tripoli in questi giorni viene attaccata soprattutto di notte, e mi chiedo chissà perché questo Occidente cosi democratico, umano e moderno sceglie proprio le ore di buoio, quando il vuoto della notte amplifica il rumore della contaerea e delle bombe e dei missile ad altissimo potenziale esplosivo. In televisione ci fanno vedere questi spettacoli con tanto di colori verdi, rossi, neri ma nessuno sente il vero rumore delle esplosioni, soprattutto nessuno (salvo coloro come me che hanno già vissuto tale esperienza) capisce quanto sia la paura mentre si sente l'arrivo degli aerei senza vederli, o anche dei missili (e questi hanno un rumore ancora più sinistro) e tutto il casino che ne consegue.
La guerra non salva nessuno, i bambini che vivono quei momenti sono soggetti che non riescono a capire cosa succede ma lo intuiscono e si spaventano, e quando scoppia la bomba, credetemi lo spavento è terribile. Mia sorella che aveva 5 anni quando scoppiò la guerra perse per lungo tempo una parte dei suoi capelli nell'area centrale della testa.
Mi ricordo che nel 1984 quando venni in Italia per studiare all'Università, avevo bisogno di sentire spari, botti, e rivivere lo stato di tensione e di costante allerta che mi si erano instaurati nella mente dopo 11 anni di conflitto, mi mancava il rumore degli spari e dei bombardamenti.
Nelle guerre non si provocano soltanto i morti, si creano danni psicologici, traumi fisici permanenti, orfani e vedovi ....
Le guerre non sono mai giuste ma possono essere necessarie solo quando si tratta di difesa come era il caso contro i nazisti ed i fascisti durante la seconda guerra Mondiale. In quel periodo gli Stati Uniti intervennero per tanti motivi, sia politici che economici, ma anche per motivi etici e di difesa dell'Europa e la fine di Hitler.
Oggi non riesco a vedere la correttezza e la giustizia di questa ennesima inutile retorica.