martedì 22 marzo 2011

Non esistono guerre giuste - Esperienza personale

(Fonte dell'immagine: http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=580)

Avevo 11 anni quando iniziò la guerra nel Libano (Aprile 1975) o meglio quando iniziarono le guerre in Libano. Molti Paesi vicini e lontani si sono avvicendati e concordati per intervenire politicamente e soprattutto militarmente: Siria, Israele, Stati Uniti d'America, Somalia, Libia, Arabia Saudita, Francia e anche Italia. Tutti sono venuti in Libano nel nome di una pace (ad esempio la Pace in Galilea) o per difendere un popolo (Le forze multinazionali) o semplicemente per occuparlo per circa 30 anni (Siria). Tutti hanno portato con se armi, devastazione e soprattutto vittime civili. Ovviamente anche le fazioni interne si sono massacrate a vicenda, compreso fazioni dell'esercito libanese. Ma questi avevano i loro motivi interni e comunque avevano provocato troppe vittime.
In questo post mi interessa di più fare capire cosa vive un ragazzo di 11, 13, 14, anni ecc.. quando sono in corso combattimenti, bombardamenti sia da cannoni che da aerei.
Dai primi combattimenti, io ed i miei fratelli e sorella (ma anche tutti gli abitanti di Beirut) avevamo imparato a distinguere i cannoneggiamenti in partenza (cioè quelli che venivano sparati da zone non lontane da casa nostra) da quelli in arrivo. Abbiamo imparati a capire la differenza tra i missili "Grad" o simili e quelli lanciati da aerei da combattimento. Vi assicuro che in tutti i casi è stata una esperienza spaventosa e psicologicamente stressante. Chi non vive (sopravvive) per lungo periodo ad una guerra, difficilmente riesce ad abituarsi ai suoni delle deflagrazioni delle bombe, della caduta di vetri, detriti ed altro materiale e al successivo silenzio in attesa dell'arrivo della prossima bomba o del prossimo missile.
Quando iniziavano i bombardamenti tutti cercavamo di nasconderci o almeno di ripararci in angoli che ritenevamo sicuri oppure (laddove c'erano) la gente si nascondeva nei rifugi sotterranei. Mi ricordo che a casa nostra ci si rintanava nel corridoio vicino all'entrata, con tutti i vicini dei piani alti che venivano a rifugiarsi da noi. Si chiudeva gli occhi, o le orecchie, si pregava e si aspettava l'arrivo della bomba sperando che non ci cascasse sulla testa a tutti quanti. I momenti dei bombardamenti erano momenti di vero terrore, molto peggiori dei combattimenti stessi per strada tra i vari belligeranti. Un fischio o sibilo, l'aria che si sposta calda, la deflagrazione che spacca i timpani, la sicurezza che in quel momento qualcuno è morto o ha perso la propria casa, o è rimasto gravemente ferito aspettando aiuti che sarebbero arrivati forse troppo tardi.
Nel 1982, durante l'invasione Israeliana (operazione Pace in Galilea), avevo circa 17 anni ed ero ormai abbastanza abituato a tutte le follie della guerra, mi mettevo sul balcone ad osservare gli aerei Israeliani che scendevano in picchiata sopra un quartiere di Beirut, lanciavano i missili e risalivano mentre la contraerera sparava all'impazzata. Era molto impressionante vedere i traccianti durante le ore del crepuscolo e la notte, e tutto era molto spaventoso.
Tripoli in questi giorni viene attaccata soprattutto di notte, e mi chiedo chissà perché questo Occidente cosi democratico, umano e moderno sceglie proprio le ore di buoio, quando il vuoto della notte amplifica il rumore della contaerea e delle bombe e dei missile ad altissimo potenziale esplosivo. In televisione ci fanno vedere questi spettacoli con tanto di colori verdi, rossi, neri ma nessuno sente il vero rumore delle esplosioni, soprattutto nessuno (salvo coloro come me che hanno già vissuto tale esperienza) capisce quanto sia la paura mentre si sente l'arrivo degli aerei senza vederli, o anche dei missili (e questi hanno un rumore ancora più sinistro) e tutto il casino che ne consegue.
La guerra non salva nessuno, i bambini che vivono quei momenti sono soggetti che non riescono a capire cosa succede ma lo intuiscono e si spaventano, e quando scoppia la bomba, credetemi lo spavento è terribile. Mia sorella che aveva 5 anni quando scoppiò la guerra perse per lungo tempo una parte dei suoi capelli nell'area centrale della testa.
Mi ricordo che nel 1984 quando venni in Italia per studiare all'Università, avevo bisogno di sentire spari, botti, e rivivere lo stato di tensione e di costante allerta che mi si erano instaurati nella mente dopo 11 anni di conflitto, mi mancava il rumore degli spari e dei bombardamenti.
Nelle guerre non si provocano soltanto i morti, si creano danni psicologici, traumi fisici permanenti, orfani e vedovi ....
Le guerre non sono mai giuste ma possono essere necessarie solo quando si tratta di difesa come era il caso contro i nazisti ed i fascisti durante la seconda guerra Mondiale. In quel periodo gli Stati Uniti intervennero per tanti motivi, sia politici che economici, ma anche per motivi etici e di difesa dell'Europa e la fine di Hitler.
Oggi non riesco a vedere la correttezza e la giustizia di questa ennesima inutile retorica.

lunedì 21 marzo 2011

NON ESISTONO GUERRE GIUSTE

Il 23 Settembre del 2004, il Corriere della Sera scrive (riporto tutto il testo perché è importantissimo capire quanto cieca e cinica è la politica Europea, soprattutto quella Italiana e Francese, tra l'altro in quel periodo era il governo Berlusconi che teneva le redini del potere in Italia):
"L'Europa: revoca totale dell'embargo alla Libia: Pisanu: «Nostra vittoria». E Gheddafi chiama Prodi: «Grazie». Sarà possibile la fornitura di armi. Giuseppe Sarcina - Fonte: Corriere della Sera - 23 settembre 2004: Armi alla Libia. L'Unione Europea cancella l'embargo totale nel confronti di Tripoli che durava dal 1986. Tutti i divieti di esportazione sono stati eliminati ieri, con un voto all'unanimità dei 25 ambasciatori riuniti a Bruxelles. La decisione, storica, è andata ben al di là non solo delle previsioni, ma anche della proposta avanzata dall'Italia («revoca parziale dell'embargo militare»). La svolta sarà ufficializzata dai ministri degli Esteri, nel vertice dell' 11 ottobre. Ma le ricadute per il governo italiano sono immediate. Il 26 settembre il ministro dell'Interno, Giuseppe Pisanu, sarà a Tripoli per definire il «piano di contrasto» dell'immigrazione clandestina. La diplomazia italiana a Bruxelles, guidata da Rocco Cangelosi, si era prefissata l'obiettivo minimo di togliere il lucchetto a una lista predefinita di «strumenti dl avvistamento», cioè guardacoste, elicotteri, visori notturni e così via. Con il via libera integrale di ieri, l'Italia e tutti gli altri Paesi della Ue potranno fornire alla Libia qualsiasi tipo di arma, in teoria anche carri armati o cacciabombardieri. In realtà la «normalizzazione» dei rapporti tra Europa e Tripoli è soprattutto politica. Gran Bretagna e Francia si sono inserite sulla scia degli italiani per convincere in primo luogo la Germania che era venuto il momento di «riabilitare», senza mezze misure, il Colonnello Gheddafi. Tanto più che, lunedì scorso, il presidente americano George Bush aveva già spianato la strada, lasciando cadere le sanzioni economiche contro il leader libico. Anche la Commissione europea, sotto l'impulso del presidente Romano Prodi, si è mossa lungo questa linea, cercando di inquadrare le esigenze italiane in un accordo più largo con Tripoli. Il risultato è un'intesa in quattro punti, che tiene conto anche delle cautele espresse dal «blocco nordico» (Svezia in testa). Innanzitutto, dunque, l'Unione Europea abolisce le restrizioni economiche adottate nel 1993, su raccomandazione dell'Onu. In secondo luogo la Commissione ha ottenuto l'autorizzazione dei 25 Paesi di inviare una missione esplorativa in Libia per «accertare quali sono le necessità collegate ad azioni di contrasto dell'immigrazione clandestina». Terzo: si procede all'abolizione completa dell'embargo sulle armi, deciso dalla Ue nel 1988 come risposta agli attacchi agli aeroporti di Vienna e Fiumicino, nonchè all'attentato nella discoteca «La Belle» di Berlino. Quarto e ultimo punto: l'Unione Europea eserciterà pressioni affinchè la Libìa garantisca ai suoi cittadini il pieno rispetto dei diritti umani. Inoltre Bruxelles svilupperà una mediazione sulla vicenda delle cinque infermiere bulgare e del medico palestinese, condannati alla fucilazione lo scorso 6 maggio, con l'accusa di aver diffuso il virus dell'Aids in un ospedale di Bengasi nel 1999, provocando la morte di 43 bambini e il contagio di altri 400. E' l'ultimo caso aperto, nella lunga sequenza di stragi, di atti terroristici che hanno funestato per oltre 20 anni i rapporti tra Libia e Occidente. Nei mesi scorsi le diplomazie europee hanno chiuso, una per una, le ferite ancora aperte, come quella del risarcimento alle vittime della discoteca «La Belle». In parallelo, Prodi, nella sua veste di presidente della Commissione, ha «riagganciato» direttamente Gheddafi, invitandolo qualche mese fa a Bruxelles. Ieri, fanno sapere fonti della Commissione, il Colonnello ha telefonato a Prodi «per ringraziarlo di quanto fatto per mettere fine all'embargo». E naturalmente Prodi esprime «grande soddisfazione» notando con una punta polemica: «Quando abbiamo cominciato questo lavoro nel 1999, non era stato accolto con favore». Anche il governo di Roma, con il ministro Giuseppe Pisanu, rivendica «il successo italiano che giova a tutta Europa». Questa volta, in effetti, il futuro leader dell'Ulivo e i suoi concorrenti del centro destra in Italia, si sono ritrovati a remare nella stessa direzione".
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Durante la prima settimana di Marzo 2011, la Francia (o meglio Sarkozy) riconosce in modo unilaterale, il Consiglio nazionale libico (Cnl), che raggruppa gli insorti contro il regime di Muammar Gheddafi, come rappresentante del popolo libico e invierà un ambasciatore a Bengasi. Successivamente avviene uno scambio poco formale di ambasciatori tra Parigi e Bengasi.
Nelle settimane che seguono, Le truppe di Gheddafi riprendono la maggior parte delle città che erano controllate dai rivoltosi e marciano verso Bengasi.
A questo punto cambia lo scenario della GUERRA con una decisione del "Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite", dall'altro ieri una coalizione di pochi Paesi sovrani guidati questa volta (ufficiosamente) dalla Francia, attacca un Paese sovrano, con l'intento di stabilire una No-Fly zone (visto la qualità e quantità di aerei messi in campo, questa No-Fly Zone era stata consolidata in meno di 5 minuti). Chi è meno cieco si rende conto che l'intento non è ne stabilire la No-Fly Zone e nemmeno eliminare (fisciamente e/o politicamente) Gheddafi; gli obiettivi sono molto diversi.

Il Presidente Napolitano dichiarava ieri che quello che è in corso non è una GUERRA, mi scusi Presidente che cosa è? qual'è la definizione di Guerra secondo te?
Le Nazioni democratiche come Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada, USA parlano di azioni che servono per proteggere i Civili (lo spero di tutto cuore, ma visto le esperienze passate .... ) scusatemi è bombardando che si proteggono i civili? non credete che in questo modo state alimentando l'odio e le divisioni interne al popolo Libico? Afganistan e Irak non hanno insegnato nulla?

Questa è un guerra vera e propria, una guerra che era stata alimentata, anche involontariamente e stupidamente, dai nostri "Amministratori - Dipendenti Pubblici" (ha ragione Beppe Grillo quando dice che Primi Ministri, Presidenti, Ministri e Parlamentari sono dei Dipendenti Pubblici, visto che sono pagati da tasche nostre)) armando fino ai denti un Tiranno e Terrorista come Gheddafi, firmando e facendo con lui ed il suo regime accordi milionari senza nemmeno farsi lo scrupolo di proporgli un cambiamento di atteggiamento nei confronti della sua popolazione. Mi domando se Berlusconi e Sarkozi, e tutti coloro che avevano revocato l'embargo nel 2004, sapevano che Gheddafi ed il suo regime autoritario, eliminavano con l'assassinio, le impiccagioni, gli arresti di massa, i rapimenti ed altro, la propria popolazione, in particolare quelli di Bengasi; Sapevano che erano responsabile di numerosi attentati terroristici, che avevano dato esilio ai peggiori terroristi ... eppure lo hanno riabilitato con i bacia mano, accogliendolo come un trionfatore, un grande personaggio".

Mi ricordo ancora Giovanni Paolo II con il suo grido contro i comportamenti dei Despoti e Tiranni "Una nazione che uccide i suoi figli non ha futuro" ma anche contro le cosiddette Guerre Giuste, infatti il 5 gennaio 1991, Giovanni Paolo invia una lettera ai ministri degli Esteri della Comunità Europea, riuniti a Lussemburgo all' alba della prima guerra del golfo (Iraq) «Certo, la comunità internazionale non intende sottrarsi all'imperioso dovere di preservare il diritto internazionale ed i valori che gli danno forza ed autorità ma, allo stesso tempo, è chiaro che il principio di equità impone che dei mezzi pacifici come il dialogo ed il negoziato, prevalgano sul ricorso a strumenti di morte devastanti e terrificanti».
Le guerre servono solo per difenderci e difendere gli altri secondo criteri precisi privi di cinismo e ipocrisie. E' una contraddizione la mia, me ne rendo conto ma un conto è intervenire per DIFENDERE Esseri umani, un altro quando invece si tratta di interessi e vendette politiche (dato che la Francia e l'inghilterra hanno sempre avuto un conto in sospeso con il Tiranno Libico.

giovedì 17 marzo 2011

Chi trova un amico trova un tesoro per sempre

Nella foto, Paolo Pasquini, al centro fra Toufic El Asmar e Ugo Bardi,
con accanto il veicolo elettrico RAMSES.

Ieri mattina è morto Paolo Pasquini, un amico, collega e vera causa del successo del mio progetto Europeo RAMseS (www.ec-ramses.net). Paolo l'ho conosciuto 4 anni fa circa, presso l'ufficio del Prof. Ugo Bardi al Polo Scientifico, a Sesto Fiorentino (Firenze). Era da un bel pò di tempo che, insieme a Ugo, pensavamo di produrre un qualcosa che potesse contribuire alla sostenibilità energetcia delle aziende agricole. Ne parlammo insieme con Paolo, quel giorno (del 2005 se non sbaglio) durante una di quelle sedute che si chiamano "Brain Storming". Durante i 4 anni del progetto (Ottobre 2006 - Settembre 2010) Paolo diede il massimo di se e sempre GRATUITAMENTE, perché come me e Ugo ci ha sempre creduto profondamente e credendoci ci siamo riusciti.
Malgrado la sua malattia, malgrado aver perso la parola (perché hanno dovuto asportarli tutta la lingua) malgrado tutto e fino all'ultimo minuto finché le sue forze gliel'hanno permesso, Paolo ha continuato a pensare al futuro del RAMseS.
E' stato soprattutto in questi ultimi due anni che il nostro rapporto è evoluto dal collega all'amicizia vera. In questo mondo i veri amici si contano sulle dita di una sola mano ed io fortunatamente ne ho 4 che considero veri amici, uno di questi è Paolo.
Non penso di aver perso Paolo, i suoi insegnamenti, la sua caparbietà, il suo essere un sognatore ed un ideatore fuori dal comune, rimarranno sempre per me strumenti di accrescimento umano, filosofico, affettivo e scientifico.

Grazie Paolo e prega per noi dall' aldilà .....

mercoledì 16 marzo 2011

La vita di un solo essere vivente è più preziosa di una centrale nuclea


In questi giorni a Fukushima 180 uomini stanno rischiando la loro vita per evitare tragedie maggiori che potrebbero scatenarsi dai 4 reattori della omonima centrale atomica. 180 esseri viventi dai quali dipende forse il benessere e la vita futura di milioni di persone.

A prescindere da tutti i commenti le considerazioni, dogmi e dietrologie delle lobbies nuclearisti non posso che chinarmi con estremo rispetto davanti all'eroismo di quei 180 tecnici pompieri e volontari nippoci che pur conoscendo i reali rischi ai quali stanno andando incontro e alla possibilità di poter morire entro massimo un mese.

Dopo più di 60 anni dalla tragedia di Hiroshima e Nagazaki, il Giappone vive una delle sue peggiori tragedie. Auguro a tutti i Giapponesi la fine di questo incubo ed un enorme in bocca al lupo

Politica Moderna e Durevolezza dell'Ecosistema Terra

Questo post l'avevo scritto nell'ottobre del 2007 e pubblicato sul blog della Associazione ASPO Italia della quale sono anche Segretario. Mi sempre ancora attuale e non farebbe male nemmeno a me tirarlo fuori e pubblicarlo di nuovo. Buona lettura

Il programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (PNUA) afferma nel suo rapporto sullo Stato del Pianeta “GEO4”, pubblicato nellóttobre del 2007, che “la privatizzazione generalizzata delle risorse e dei servizi, costituiranno il peggiore scenario dal punto di vista ambientale”.
Per servizi si intende soprattutto acqua, energia, sanità e istruzione, ma anche in larga parte la produzione alimentare.

Il rapporto “GEO4” presenta 4 futuri scenari comportamentali dei Governi:

· Scenario 1 : Lo Stato si annulla a favore del settore privato, il commercio si svilupperebbe senza controllo ed i beni naturali saranno privatizzati

· Scenario 2: si basa sull' intervento centra dello Stato che ha come obiettivo di equilibrare la forte crescita economica mediante uno sforzo necessario per limitare gli impatti ambientali e sociali

· Terzo Scenario: privileggia la sicurezza come risposta ai disordini civili e alle minacce esterne (terrorismo in particolare);

· Quarto Scenario: è il caso di una società che sceglie di prolungare la sua esistenza optando per la sostenibilità ambientale e l’equità (nel senso di distribuzione delle risorse), mediante la quale i cittadini svolgono soprattutto un ruolo attivo.

Il modello utilizzato per questo studio permette di misurare l’influenza sull’ambiente di ciascuno di questi 4 scenari, considerando i consumi energetici, le emissioni di inquinanti, il tipo di attività agricola, l’uso delle risorse idriche, la crescita demografica, e tanti alti parametri.

L’ultimo scenario (durevolezza o perennità) appare quello preferibile dal punto di vista sociale ed ecologico, mentre il primo (privatizzazioni), malgrado che assicuri una crescita più forte, appare avere un impatto ambientale insopportabile e capace di generare le più grandi inequità.

Gli scenari meno negativi dal punto di vista ambientale non sono tuttavia esenti da difetti: il secondo scenario, che privileggia un forte intervento politico, può generare una burocrazia ancora più pesante dell’attuale mentre il quarto che punta sulla durevolezza (sostenibilità), richiede molto tempo necessario per la cooperazione tra i vari attori. Et, non garantisce un futuro senza preoccupazioni. In tutti i casi, secondo il rapporto “il cambiamento climatico e la perdita della biodiversità rimarranno una sfida significativa”.

Il rapporto delle Nazioni Unite sintetizza il movimento della degradazione del clima, della biodiversità, della salute dei suoli, delle risorse idriche ecc… Esso sottolinea la contrazione (diminuzione) delle risorse disponibili per abitante: la superficie terrestre disponibile per ciascun essere umano è passata dai 7,9 ettari nel 1900 ai 2,02 ettari nel 2005. La velocità del fenomeno è sottolineata: l’ampiezza e la composizione degli ecosistemi terrestri “sono modificati dalle popolazioni con una rapidità senza precedenti”. Gli esperti insistono sulla nozione della soglia:”gli effetti cumulati dai cambiamenti continui dell’ambiente possono raggiungere delle soglie che si tradurranno con Cambiamenti Violenti” ed irrevesibili.

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A quanto pare le cose si stanno muovendo secondo gli scenari peggiori o più pessimistici ed in modo molto drammatico. I segnali ci sono e non sono più premonitori di una malattia che sta per insorgersi ma indicano che ormai la malattia è in piena manifestazione. Il paziente è affetto da tanti disturbi : febbre alta, disidratazione, demenza, schizzofrenia e idiozia diffusa, …. Tuttavia i sapienti politici, soprattutto in questo mondo occidentale (particolar modo i politici Italiani, Americani e Russi, ...) non se ne rendono conto o peggio ancora insistono nel fare finta di non aver capito.


Il più grave è che il loro atteggiamento viene copiato dai politicanti dei Paesi emergenti e quelli in Via di Sviluppo. Seguiamo le varie vicende per capire la tendenza.


Toufic

martedì 15 marzo 2011

Gli incidenti nucleari giapponesi

Scritto da Domenico Coiante su http://aspoitalia.blogspot.com


Sollecitato a scrivere qualcosa di chiaro sugli incidenti nucleari giapponesi mentre sono ancora in corso gli eventi, mi trovo in una posizione difficile. Non essendo in possesso di tutte le informazioni necessarie sarò sicuramente parziale e non esauriente. Tuttavia ci provo.

La prima domanda che mi viene rivolta da parenti e amici è: “Che cosa è avvenuto?”
Per i reattori di Fukushima, quelli che stanno dando i guai peggiori, la risposta è LOCA: Loss of Coolant Accident, cioè incidente per perdita di fluido refrigerante.
Questo incidente viene classificato fra quelli detti a bassa frequenza di accadimento, a cui il Rapporto Rasmussen sulla sicurezza dei reattori della II generazione (quelli in questione) assegna la probabilità più bassa, cioè 1 caso su 10000 per anno e per reattore. Detto in termini più comprensibili, su 400 reattori in funzione per 25 anni, un incidente di questo tipo accade quasi sicuramente. L’ENEL in una sua stima successiva, fatta per il caso specifico del reattore PWR di Trino Vercellese, ha calcolato una probabilità ancora più bassa, pari a 1 caso su 1 milione.

La dinamica è la seguente. Una volta arrestato il funzionamento del reattore, occorre smaltire il calore residuo prodotto dagli elementi di combustibile per la radioattività residua. Se per qualche motivo (ad esempio la tranciatura di un tubo di adduzione del refrigerante, il blocco di una valvola, ecc) viene a mancare il liquido di raffreddamento del nocciolo, il calore si accumula, il liquido evapora e gli elementi di combustibile (che devono sempre essere immersi in acqua) possono trovarsi all’asciutto. A questo punto, la temperatura degli elementi scoperti sale esponenzialmente fino al valore di 1200 °C, quando essi iniziano a fondere a partire dalla guaina di acciaio che racchiude il combustibile. L’acqua, presente sia in forma liquida che in forma di vapore, sottoposta a queste alte temperature, si decompone nei suoi elementi, idrogeno e ossigeno. L’idrogeno, che è un gas leggerissimo, sale immediatamente verso l’alto e si va ad accumulare sulla cupola del serbatoio di contenimento del reattore, da dove viene fatto defluire verso l’edificio di contenimento secondario, il cui tetto è l’unica parte non costruita in cemento armato. La bolla d’idrogeno che si forma sotto a questo tetto viene sgonfiata cercando di far defluire il gas verso l’esterno.

Purtroppo, la probabilità che si formi la miscela esplosiva tra idrogeno ed ossigeno è altissima e quindi basta una qualsiasi fonte d’innesco perché si abbia l’esplosione. A questo punto il tetto dell’edificio secondario salta in aria e tutto quello che esso contiene finisce nell’atmosfera. E’ evidente che l’idrogeno e l’ossigeno prodotti nella fusione degli elementi di combustibile portano con sé anche gli elementi radioattivi, sia gassosi, sia in polveri sottili, che si liberano dalla rottura della guaina. In definitiva, o che l’idrogeno venga fatto defluire ‘pacificamente’ nell’atmosfera, o che esso esploda violentemente, l’incidente immette dosi più o meno consistenti di radioattività pericolosa per la salute dell’ecosistema, dell’ uomo in primo piano.
Come già detto, la probabilità di questo incidente è bassissima, ritenuta praticamente impossibile, perché ovviamente i circuiti di raffreddamento sono almeno due ed uno solo è sufficiente a mantenere il nucleo in sicurezza. Eppure, a quanto sembra, è avvenuto (e non è il primo).

Così il mio collega, grande esperto mondiale di reattori nucleari, Paolo Loizzo, purtroppo venuto a mancare qualche anno fa, descrive quella che, secondo lui, è l’improbabile sequenza di eventi del LOCA per tranciatura del tubo di adduzione. “ La doccia interna d’emergenza spegne il reattore e lo refrigera; il vapore che continua ad uscire dal tubo tranciato (prima che si chiudano le apposite valvole), viene refrigerato e condensato dai grandi ventilatori e dalle docce sulle pareti dell’edificio di contenimento. Il danno è grave, ma riguarda solo l’impianto, che potrà essere rimesso in funzione dopo un certo numero di anni di riparazioni e di decontaminazione. Nasce contemporaneamente la prima questione: e se contemporaneamente manca l’energia elettrica?
Si ripete l’analisi e si dimostra che, per raffreddare il contenitore bastano tre ventilatori e le due docce alimentati dai diesel d’emergenza. Nasce la seconda questione: e se i diesel non partono? E se si sviluppano grandi quantità d’idrogeno che poi esplodono nell’edificio del reattore? E’ chiaro che il gioco può continuare a lungo. A furia di guasti successivi (le valvole, l’alimentazione d’emergenza, le barre che non funzionano,etc) si arriva alla fusione completa del nocciolo.” (Paolo Loizzo, 1994, Le centrali nucleari, ovvero il diavolo che non c’è, Ed. Monteleone, p. 187).

Ebbene, leggendo queste parole, sembra quasi di leggere la cronaca in tempo reale di quello che è accaduto nei due reattori di Fukushima. Il terremoto ha prodotto il blocco automatico improvviso di sicurezza di tutti i reattori (evento detto di transiente brusco, di per sé abbastanza pericoloso per la sicurezza perché si possono danneggiare, qua e là, alcuni elementi di combustibile). A determinare la sequenza maledetta è stato l’intervento successivo dell’onda di maremoto, che, a quanto sembra, ha fatto spegnere i diesel d’emergenza con tutto quello che è seguito come descritto sopra.
A prescindere dal programmato referendum sul nucleare, l’incidente ha fornito l’occasione per mettere in discussione il programma nucleare italiano ed anche l’atteggiamento degli altri paesi europei. In queste ore concitate, i rappresentanti governativi non mancano di intervenire su tutti i mezzi d’informazione per rassicurare gli italiani circa la bontà della scelta fatta.

L’argomento fondamentale è che i reattori in predicato sono molto più sicuri di quelli giapponesi e che il verificarsi di una tale sequenza di eventi sfavorevoli, terremoto di grado 9 e tsunami, non è possibile in Italia. Anche per i giapponesi, che pure sono abituati ai terremoti, non si riteneva possibile un terremoto di grado 9, (lo tsumami è una sua conseguenza), eppure è avvenuto.
Un altro argomento è che il nucleare è indiscutibilmente il più economico. Questo è un falso, come dimostrano le numerose stime indipendenti effettuate recentemente (vedi ad esempio il rapporto MIT 2003, 2009). Anche senza mettere in conto i costi di chiusura del ciclo di vita del combustibile, che implicitamente vengono caricati sui contribuenti, il costo del kWh si aggira intorno ai 7-8 c€ ed è quindi più caro di quello da carbone, gas e olio. Ricordo che il prezzo unico PUN pagato ai produttori dal GSE, che riflette pertanto il costo attuale dell’energia, è intorno ai 6 c€/kWh.
Ma l’argomento principe, che viene continuamente avanzato da tutti come fosse un tormentone è quello del fatto che “siamo accerchiati da almeno 13, (qualche volta 40 o cinquanta), reattori che stanno al di là delle alpi e che potrebbero inviarci le loro radiazioni in caso d’incidente.”

Sono esterrefatto dalla logica che sta in questo argomento! Si riconosce implicitamente il grave rischio, a cui siamo soggetti senza nostra decisione, per i reattori presenti al di là delle alpi e si propone di combattere tale rischio aggiungendone un altro, più grave perché più vicino, costruendo anche in Italia i reattori nucleari! E’ roba da matti o mi sfugge qualcosa?
Inoltre, a questo proposito, mi duole segnalare che finora nessuno ha fatto presente una legge fisica ineludibile, quella della diffusione delle radiazioni in funzione della distanza dalla sorgente. In assenza di venti, come si dice in aria tranquilla, la concentrazione dei prodotti radioattivi emessi in aria da una sorgente diminuisce approssimativamente con il quadrato della distanza. Quindi un conto è avere una centrale a 100 km di distanza ed un altro, al quadrato, è di averla vicino casa. Perché i giapponesi stanno facendo sgombrare la gente per un raggio di 20 km se non per gli effetti di questa legge?

Naturalmente, in presenza di venti, il quadro può cambiare notevolmente perché gli effetti diffusivi possono essere aumentati o diminuiti a seconda della direzione del vento (vedi la nube di Chernobil che ha fatto il giro del globo).
Infine, viene spesso avanzato l’argomento del “così fan tutte” le altre nazioni europee. A questo proposito faccio presente che l’Italia si trova in una posizione geologica particolare rispetto agli altri paesi europei. Come il Giappone siamo soggetti a frequenti terremoti a causa del fatto che il nostro territorio si trova attraversato da almeno due o tre grandi faglie ed altre minori. Tutte sono attive perché sotto di noi si scontrano alcune zolle tettoniche, che producono i nostri terremoti.
Nel resto d’Europa la situazione è ben diversa. In alcuni paesi non sanno neppure cosa sia un terremoto (Svezia, Norvegia, Inghilterra, Germania, ecc).

Non voglio dire che questo dato di fatto ci debba impedire di fare il nucleare: il Giappone insegna. Però, occorre avere ben chiaro il rischio ben maggiore a cui si va incontro ed ai conseguenti costi economici e sociali: il Giappone insegna ancora.
Consapevole della specificità italiana, la domanda che mi pongo è: “Forse il nucleare ce lo ha ordinato il dottore?” A cui segue: “Ci sono altre soluzioni?”
Questo però apre un altro argomento di discussione che rimando ad altra occasione.

Negare l'Evidenza

Fonte: http://www.reuters.com/

Mi colpisce questa foto per il suo contenuto simbolico e drammatico; il cucciolo di circa 3-4 anni con le mani in alto durante il controllo per verificare se è stato contaminato o meno.

La presa di decisione sulle politiche energetiche si dimentica spesso di questi aspetti; nel senso non se ne rende nemmeno conto oppure scarta a priori l'eventualità che una situazione di emergenza possa verificarsi. In questi giorni sento e leggo molte reazioni che vanno dalla decisione di fermare e chiudere soltanto le vecchie centrali (come deciso ieri dal Governo Tedesco) a di quella di volere a tutti i costi dimostrare che "certe decisioni politiche prese o promesse, non possono o non si debbano cambiare; anzi "....si va avanti.." senza se e senza ma, perché siamo quelli del fare". L'atteggiamento peggiore è quello di alcuni paesi o organizzazioni (ma anche ho letto un certo ingegnere di un politecnico nostro) che continuano a dechiarare che il pericolo di un dramma nucleare non esiste e che tutto è ancora sotto controllo.

A mio parere tutti questi atteggiamenti sono soltanto basati sull'ipocrisia in quanto fondati su interessi propri e sull'amor proprio. Invece di sedersi ed iniziare a considerare che la questione SICUREZZA sia una priorità e che non si può dare per scontato l'incidente e la catastrofe, si cerca di distrarre l'attenzione con le solite argomentazioni di sempre.

Quindi, oggi e alla luce degli eventi giapponesi non ancora conclusi, si tratta di rimboccarsi le maniche e ridisegnare - anzi - riprogettare tutte le strategie energetiche nazionali partendo dal presupposto che Petrolio, Gas e Uranio SONO materie finite, che l'Uranio oltre ad essere materia finita (e a quanto pare in via di esaurimento) è anche materia pericolosa per tutta l'umanità.

La soluzione esiste ed è fattibile, ma occorre un cambio radicale di paradigma partendo proprio dal concetto tanto odiato da chi produce e gestisce l'Energia: "la fine del monopolio".

Nel caso di un "esplosione nucleare" nessuno potrà sfuggire alle radiazioni, anche quelli che si nasconderanno nei rifugi nucleari prima o poi dovranno uscire dal rifugio, dato che gli umani hanno bisogno di sentire la freschezza dell'aria ed il calore del sole, ma allora sentiranno tremendamente i loro errori e gli effetti delle radiazioni su se e sui loro cari.

domenica 13 marzo 2011

La bellezza tragica del Nucleare

Fonte: http://www.2012dayafter.com/2012LafinedelMondo/Apocalisse/tabid/527/Default.aspx

Sono anni ormai che il mondo capitalista post moderno in particolare, e l' intero pianeta in generale, sta vivendo una serie di eventi straordinari che stanno mettendo a dura prova tutte le sue sicurezze di supremazia finanziaria, tecnologica, sociale, filosofica e ambientale. Questo ventunesimo secolo sta sperimentando l’evolversi incredibile di una serie dei "cigni neri" (ref. Nassim Taleb, Il cigno nero: Come l'improbabile governa la nostra vita, edit. Il Saggiatore, 2008) che continuano a verificarsi e susseguirsi senza interruzione. Secondo Taleb un "Cigno Nero è un evento isolato e inaspettato, che ha un impatto enorme, e che solo a posteriori può essere spiegato e reso prevedibile”; ossia un evento "a bassissima probabilità, e altissimo potenziale di danno" (Federico Rampini, La Repubblica). Nassim Taleb, nel suo libro scrive: "Un singolo evento è sufficiente a invalidare un convincimento frutto di un'esperienza millenaria. Ci ripetono che il futuro è prevedibile e i rischi controllabili, ma la storia non striscia, salta. I cigni neri sono eventi rari, di grandissimo impatto e prevedibili solo a posteriori, come l'invenzione della ruota, l'11 settembre, il crollo di Wall Street e il successo di Google. Sono all'origine di quasi ogni cosa, e spesso sono causati ed esasperati proprio dal loro essere imprevisti. Se il rischio di un attentato con voli di linea fosse stato concepibile il 10 settembre, le torri gemelle sarebbero ancora al loro posto. Se i modelli matematici fossero applicabili agli investimenti, non assisteremmo alle crisi degli hedge funds".

Il Giappone è un Paese molto interessante è stato ampiamente studiato e analizzato da tanti saggisti, come ad esempio nel suo libro “Collasso” Jared Diamond, dimostra la vulnerabilità del Giappone come società a rischio di estinzione ma ci informa anche della loro capacità di capire e di trovare quelle soluzioni capaci di farli sopravvivere a lungo, infatti egli scrive: "L'intero globo è oggi un tutt'uno autosufficiente e isolato, come lo erano un tempo l'isola di Tikopia e il Giappone dell'era Tokugawa. Come fecero i tikopiani e i giapponesi, anche noi dobbiamo capire che non esiste nessun'altra isola (nessun altro pianeta) cui potremmo rivolgerci per chiedere aiuto, o sulla quale potremmo esportare i nostri problemi. Anche noi, come questi popoli, dobbiamo invece imparare a vivere nei limiti dei nostri mezzi". I Giapponesi hanno sempre capito che il "big one" prima o poi si sarebbe manifestato, e si sono sempre preparati ad affrontare tale evento. Però nello stesso tempo la fame capitalista e tecnologica, ha spinto tale paese a dotarsi di 55 Centrali nucleari. Malgrado ciò la domanda energetica giapponese fa si che questo paese dipenda ancora per il 75% dal petrolio, e che il governo giapponese debba investire sulla costruzione di ulteriori 40 centrali (libro bianco giapponese). Oggi il Giappone ha una strategia energetica di lunga durata ma dimostra che comunque questa non basta, proprio perché è un Isola, fortemente urbanizzata, e altamente energivora.
La Catastrofe di ieri è un perfetto esempio di "Cigno Grigio", sempre secondo Taleb, un Cigno Grigio è un Cigno Nero di cui si ha un'idea generale della probabilità che si verifichi, ed i cui effetti sempre sovversivi sono stati ridotti grazie all'adozione di politiche ed azioni di prevenzione (come appunto hanno fatto i Giapponesi). Tuttavia anche il cigno grigio rimane un evento ad alta probabilità catastrofica: Il mix terremoto (8.9 scala Richter, seguito da altri di scala più bassa ma altrettanto devastanti) e Tsunami era un evento probabile per i Giapponesi ma non atteso, ed è soltanto grazie al loro impegno nel trovare le soluzioni capaci di limitare i danni o addirittura evitarli che il numero delle vittime (tragico comunque) sia rimasto limitato; la maggior parte dei danni e dei morti è stato causato dal micidiale tsunami e dalla forma geografica di Sendai (territorio piatto e basso). Tuttavia non tutto in Giappone ha retto, una diga che cede portando all’annientamento di un villaggio intero, alcuni palazzi che crollano, il deposito carburante che si incendia, ma soprattutto l’emergenza nucleare di Fukoshima e qui tornano i nodi al pettine.

Gli argomenti dei nuclearisti super-convinti sono fondamentalmente tre, le centrali nucleari:

- Non emettono CO2

- Coprono il GAP energetico dovuto alla crisi del petrolio

- Sono sicurissime

Tutti tre questi argomenti sono fallaci, le analisi del ciclo di vita di una centrale nucleare (LCA) mostrano che le emissioni di CO2 e altri gas climalteranti sono presenti e verificati soprattutto durante la prima fase (estrazione, trasporto, costruzione delle pompe, sistemi elettronici, sistemi idraulici, spostamento terra, installazione impianti, ecc …) tale argomento è simile a quello spesso usato contro il fotovoltaico.

Non esiste oggi un Paese al Mondo possessore di centrali nucleari che sia stato capace di ridurre il GAP energetico dovuto alla crisi del Petrolio e alle sue necessità energivore. Cina, Giappone, USA, Francia ecc … ne sono un grandissimo esempio. Tutti erano partiti con la convinzione di poter risolvere la loro dipendenza dal petrolio costruendo tante centrali nucleari (in Giappone sono circa 55 centrali di diversa grandezza), tuttavia ancora oggi continuano a dipendere fortemente sia dal petrolio che dal gas.

Le centrali nucleari attuali, contrariamente a quella di Chernobyl, sono sicure? Probabilmente si, ma realmente non lo sono. Proprio perché è soprattutto sulle Centrali Nucleari che la teoria del “Cigno Nero” o del “Cigno Grigio” è fortemente applicabile e ciò dovrebbe invitarci alla prudenza: La probabilità che un evento qualsiasi posso portarci ad un nuovo disastro nucleare esiste ed è sempre alta in quanto un qualsiasi evento pur essendo a bassissima probabilità, il suo potenziale di danno è altissimo e estremamente costoso. Il rischio di catastrofe nucleare a Fukoshima esiste, intanto sono due le centrali che non riescono a raffreddare il reattore, una delle quali ha già avuto un esplosione ed un incremento delle radiazioni; riporto dal Corriere della Sera online di oggi “… l'esplosione sarebbe stata molto più potente delle iniziali stime, al punto che si sarebbe polverizzata la gabbia di esterna di contenimento di uno dei reattori. Il tetto e parte delle mura dell'edificio sono crollate e alcuni operai sarebbero rimasti feriti”. Eppure si tratta di Centrali a prova di sisma.

Mi permetto un ultimo argomento a sfavore delle Centrali Nucleari. Il reattore nucleare deve essere raffreddato e questo si fa prima di tutto con l’acqua (i refrigeranti sono costosissimi e vanno bene per le emergenze come è il caso di Fukoshima”. Si stima che un impianto da 1000 Megawatt (Caorso era da 830 Megawatt) richiederebbe per il raffreddamento quasi un terzo dell’acqua che scorre nel Po a Torino.

L’Italia non è immune da “Cigni Neri” e non è nemmeno capace di prevenire o minimizzare gli impatti di un evento “considerato improbabile” cioè non è capace di trasformare un cigno nero in un cigno grigio. Questo è un motivo in più per riflettere ed essere molto cauti.