martedì 20 dicembre 2011

Siamo cicale o formiche?

Una delle cose più importanti che abbiamo imparato con ASPO è la preveggenza … Cassandra appunto. A tal proposito vi ripropongo due interventi miei che erano stati postati nel 2007 e successivamente nel 2008. Ho passato, durante questo tardo pomeriggio, almeno tre ore a leggere notizie sulla situazione economica e sociale in Grecia, mi ha colpito fortemente l’immagine seguente che ho prelevato dall’articolo che potete leggere al link seguente http://greece.greekreporter.com/2011/12/20/greeces-new-middle-class-homeless-hold-a-degree-and-a-laptop/

Questa immagine è potentissima a mio parere, I nuovi senza tetto che continuano ad usare i nuovi mezzi tecnologici di questi ultimi 15 anni. Uomini e donne laureati che avevano una vita, un benessere ed un lavoro promettenti che in pochissimi mesi si ritrovano per strada senza casa, macchina, vestiario decenti ma sempre con il portatile e l’IPhone a disposizione.

Il primo post lo avevo pubblicato il 29 Marzo del 2007, dal titolo Siamo Cicale o Formiche?
La cicala che imprudente
tutta estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell'inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.

Compri oggi e paghi quasi quando vuoi. E se non hai i soldi, che problema c’è? Esiste più di una soluzione per saldare il debito secondo le modalità più comode e vantaggiose. E’ questo il messaggio che sempre più frequentemente arriva nelle case degli italiani attraverso spot pubblicitari, maxi offerte e vendite promozionali messe in atto da ogni tipo di esercizio commerciale, dai grandi magazzini ai negozi di elettronica, dai mobilifici alle concessionarie di auto (La Repubblica).
Stamattina su “Radio Anch’io” professori economisti, operatori finanziari, esperti del settore non hanno fatto altro che dire quanto sia positivo per l’economia indebitarsi, pagare tutto a rate, consumare, comprarsi qualsiasi cosa. Sembra che questo sia il metodo più moderno al mondo per aumentare i consumi e fare "girare" l'economia. Ma quando arriverà la crisi "post peak", quella che quasi nessuno si aspetta o alla quale quasi nessuno crede, che succederà? Come faranno tutte le persone indebitate con mutui ventennali o trentennali o addirittura quarantennali a pagare i propri debiti? e le banche in periodo di crisi una volta pignorati gli appartamenti delle persone insolventi a chi li venderanno? Stiamo a vedere.
Due ASPISTI di peso commentarono questo post, ed anche loro espressero la loro forza preveggente: Il primo commento era di Gianni Comorretto, che scrive: Il problema del sovraindebitamento è già grave. E' difficile rendersi conto, soprattutto in un negozio di fronte all'acquisto "facile", che tante rate da 10 euro fan 2-300 euro, più il mutuo della macchina, magari quello della casa, che alla fine del mese non avanzano più se hai uno stipendio da 1000-1500 euro e una famiglia da mantenere. E si salta qualche rata, per finire in mano alle ditte di "recupero credito", gente con un pelo sullo stomaco da far paura, che ti caricano tutte le loro spese alla rata non pagata, ti portano via il pignorabile, o ti spingono a rivolgerti a strozzini. Situazioni assurde, per ora non frequentissime, ma basta poco, un po' di inflazione al 4%, un ulteriore calo del potere d'acquisto. Sono la gente che si vede facendo microcredito, gente che ha bisogno di poche centinaia di euro per pagare la rata ed uscire da questa spirale. Ma finché si leggono articoli come questi, difficile fare "educazione finanziaria".
A quanto pare: Azzeccato.
L’altro commento era di Franco Galvagno, che scrive:”Su questo tema provo ad avanzare una previsione "ottimistica", tra le tante che possiamo ipotizzare: potrebbe il Peak Oil dare dei segni tangibili (forti e anche "dolorosi") circa la non-attualità di certe strutture capitalistiche orientate alla "crescita ad ogni costo"? Questi segni potrebbero "aprire gli occhi" a chi oggi si indebita con facilità ... meglio tardi che mai!”.
A quanto pare molti occhi sono rimasti chiusi e lo sono tuttora.

Dopo meno di un anno, esattamente il 16 Dicembre del 2008, nel pieno svolgimento della crisi del 2008, scrissi un secondo post dal titolo: E la Cicala ce la farà?
La Cicala che imprudente
tutta estate al sol cantò,
provveduta di niente
nell’inverno si trovò,
senza più un granello e senza
una mosca in la credenza.

Affamata e piagnolosa
va a cercar della Formica
e le chiede qualche cosa,
qualche cosa in cortesia
per poter fino alla prossima
primavera tirar via:
promettendo per l’agosto,
in coscienza l’animale,
interessi e capitale.

La Formica che ha il difetto
di prestar malvolentieri,
le dimanda chiaro e netto:
- Che hai tu fatto fino a ieri?
- Cara amica, a dire il giusto
non ho fatto che cantare
tutto il tempo. – Brava, ho gusto;
balla adesso, se ti pare.
(Jean de La Fontaine)

Da un bel po’ di tempo mi faccio sempre la stessa domanda “Nel periodo che andava dal 2003 al 2007 … i giornali, le TV, le radio … non hanno fatto altro che bucarmi il timpano informando dei grandi passi da giganti e dei grandi guadagni ottenuti dalla grande industria (FIAT, FERRARI, MASERATI, TELECOM, le Società Sportive, ENEL, ENI, ecc… ) si parlava di cifre enormi, di fatturati incredibilmente positivi. Tra l’altro mi ricordo che l’ultimo governo Berlusconi (cioè non quello attuale) era riuscito nella sua finanzia creativa a detassare gli utili delle grandi Industrie come quelle che avevo citato prima. Mi ricordo anche, che nel periodo 2005 – 2006, mentre giravo in macchina, la Toscana per lavoro, ascoltavo moltissimo la radio, e di tanto in tanto si parlava delle buone uscite, delle liquidazioni, delle pensioni con cifre a 6 zeri per gli Amministratori Delegati delle aziende pubbliche e private … RAI, ALITALIA …… (salto un paragrafo)

Non voglio darmi del veggente, ma semplicemente mi chiedo “perché una persona semplicissima come me, non “informata sui fatti” come dovrebbero esserlo i governanti, i direttori generali, i finanzieri, e cosi via, ha intravisto un pericolo nel sistema e loro no?

Coincidenza o no, oggi (20 Dicembre 2011) sui quotidiani nazionali si parlava delle difficoltà di Ferrari, Maserati ed altri grandi firme, di vendere i loro prodotti di lussi in Italia ed in Europa, e che queste grande imprese si salvano ancora grazie al mercato Asiatico.

Sempre dal post del 2008: Perché ieri la FIAT cantava e ballava per i grossi profitti e utili accumulati durante gli anni 2005, 2006 … i debiti in calo, i progetti di espansione e sviluppo … mentre oggi mette in cassa integrazione migliaia di persone? Dove sono finiti tutti i profitti? Come mai nessuno ha pensato ad una specie di cassa deposito di emergenza o qualcosa di simile (provvista per l’inverno freddo) per affrontare almeno in un primo momento la crisi senza dover mettere in pericolo il bene delle famiglie? e la stesa domanda me la pongo anche per tutti gli altri settori industriali, finanziari, energetici (ma quanto hanno guadagnato durante il periodo 2006-2007 quando il costo del barile di Petrolio cresceva costantemente?.

Bene e allora potrei raccontare a miei figli la fiaba di La Fontaine in una altro modo:

La Cicala cantava e ballava

FIAT: nel secondo trimestre 2006 il fatturato del Gruppo Fiat è cresciuto del 12,9% a 13,6 miliardi. Fiat Auto ha venduto nel primo semestre dell'anno oltre un milione di veicoli. Un risultato non più raggiunto dal 2001, con una crescita del 17,5% rispetto al primo semestre 2005. Nel secondo trimestre del 2006 "il significativo aumento dei volumi di vendita" ha consentito all'area Automobili di realizzare ricavi per 6,6 mld di euro, con una crescita del 18,9% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Nei primi sei mesi dell'anno l'area Automobili ha realizzato ricavi per 12,7 miliardi di euro, in aumento del 21% rispetto alla prima metà del 2005. Obiettivi rivisti al rialzo. Il Gruppo Fiat sulla base dei risultati raggiunti nel primo semestre 2006 e "pienamente in linea con gli obiettivi", conta di chiudere l'anno in modo più che ottimistico tanto da puntare "al rialzo degli obiettivi". Dunque il "tetto" della gestione ordinaria passa da 1,6 a 1,85 miliardi di euro (risultato della gestione ordinaria di Fiat Auto da 200 a 250 milioni di euro), il risultato netto da 700 a 800 milioni di euro (escludendo gli utili straordinari), l'indebitamento industriale di fine anno intorno ai 2 miliardi di euro. Confermati invece tutti gli altri obiettivi, compresi quelli per il 2007, ecc… ecc…
TOYOTA: Dai risultati dell’ultimo trimestre 2005 che la casa giapponese sta aumentando sempre più fatturato e utili. Alcune cifre: l’utile netto ammonta a 397,6 miliardi di yen (2,79 miliardi di euro), pari al 34% in più rispetto all’anno precedente, ottenuto grazie alla debolezza dello yen e all’aumento delle vendite, e nonostante i costi degli attuali programmi di espansione. Utili operativi aumentati del 14% (482,2 miliardi), vendite mondiali cresciute del 7,7%, e pari a 1,98 milioni di unità, 14.000 in più rispetto al corrispondente trimestre 2004. Nel 2006 Toyota mette a segno nel secondo trimestre fiscale (luglio-settembre) un balzo record dell'utile netto del 34%, a 3,45 miliardi di dollari. Quanto all'utile operativo, si è involato del 44%, a 4,92 miliardi di dollari…..6 febbraio 2007: Toyota, boom sui mercati Usa ed Europa e utili record (+7,3%). Il gruppo automobilistico giapponese Toyota Motor ha registrato un utile netto record nel terzo trimestre 2006 grazie alle forti vendite in Nord America e Europa. L'utile netto è cresciuto del 7,3% a 426,8 miliardi di yen (2,75 mld di euro), rispetto allo stesso periodo 2005 mentre il fatturato è salito del 15,2% a 6.146,6 miliardi di yen (39,56 mld euro).
TELECOM: (2004 – 2005) I profitti operativi hanno raggiunto i 3.597 milioni di euro, il 9,6% in più rispetto ai corrispondenti sei mesi dell' anno scorso, mentre i ricavi si sono attestati a 15.222 milioni di euro, con un incremento dello 0,5% rispetto al 2003. Quanto al margine operativo lordo, il dato preliminare indica una crescita del 2,4%, a 7.087 milioni di euro. Comunque è altalenante dato che dipende da tante variabili: ………L'utile netto consolidato è sceso a 2.448 milioni, in calo del 18,8% rispetto al 2006, Eppure si legge “ … Il debito finanziario netto a fine 2007 è invece calato a 35,7 miliardi dai 37,3 di fine 2006 e 37,4 a fine settembre 2007

Senza dubbio i dati di sopra vanno aggiornati al 2011, ma che importanza ha, lo sappiamo tutti che il mercato dell’auto è ormai in crisi, gli Italia, i Spagnoli, gli Irlandesi, i Portoghesi, i Greci e tanti altri non hanno più soldi, siamo tutti fortemente indebitati, chi vorra mai comprarsi una macchina nuova? Beh di cicale ce ne sono ancora tante, e molti continuano a comprarsi l’auto ma sicuramente il trend è in diminuzione ed il settore è in crisi.

La Cicala piange e si lamenta

Ottobre 2008: nei primi 10 mesi il calo delle immatricolazioni è stato del 5,4% a 12.852.387. In Italia, a ottobre, la flessione è risultata pari al 18,9% a 167.940 unità (-5,5% a settembre) e nei dieci mesi è arrivata a -12% a 1.879.165. Il gruppo Fiat ha venduto a ottobre 93.952 auto (-7,9%) … La casa torinese rispetto ai primi dieci mesi del 2007 ha venduto complessivamente il 3,2% in meno di vetture, con una quota di mercato che è salita di un decimo all'8% del totale. mentre Lancia (-6,6% a 99.266) e Alfa Romeo (-29,4% a 87.449) Nel solo mese di ottobre per il marchio Fiat -8,4%, per Lancia +6,9%, Alfa Romeo -15,7%, -30,8% gli altri marchi. Tutti i grandi gruppi hanno registrato segni negativi nel mese di ottobre con Vw a -7,6%, Psa -16,3%, Ford -11,9%, General Motors -25,2%, Renault -19,1%, Bmw -10,4%, Daimler -16,6%, Toyota -23,6%, Nissan -16,4%, Honda -25,7%.

E a quale Formica si rivolgerà sta Cicala?
L’inverno si sta avvicinando ed il settore automobilistico intero (non solo le tre grandi di Detroit) potrebbero trovarsi “…..senza più un granello e senza una mosca in la credenza…” e allora ricorreranno dalla Formica (il contributore – lo Stato)” … a chiedere qualche cosa, qualche cosa in cortesia per poter fino alla prossima primavera tirar via: promettendo per l’agosto, in coscienza l’animale, interessi e capitale"….. Ma dobbiamo fidarci ancora?

Ahimè oggi questo paragrafo riguarda tutti i settori economici, in particolar modo quello finanziario e quello immobiliare. Lo Stato non basta più, Greci, Portoghesi e Irlandesi intanto si sono rivolti ai grandi strozzini la troika ed il FMI …. Speriamo di non arrivare a quel livello.

Auguro a tutti voi un Natale sereno senza regali all’insegna della modestia simile a quella del festeggiato (Cristo) che nacque 2000 anni fa circa in una stalla o grotta (ha poco importanza) come l’ultimo dei poveri.

venerdì 9 dicembre 2011

Un Racconto Personale: La Guerra del Libano e l’Analogia con il Post-Picco (2): Quali lezioni da capitalizzare?


 

Una delle analogie che mi vengono in mente è l’attuale crisi finanziaria in corso dal 2008 e che ha raggiunto in questo fine anno 2011 un livello piuttosto pericoloso per molte nazioni Europee, influenzando altre nazioni extra europee più o meno solide e mettendo a repentaglio l’esistenza stessa della moneta unica. Personalmente penso che tutta questa storia sia dovuta principalmente ad un fattore strutturale rappresentato dalle varie bolle che si sono create dal sistema capitalistico moderno (immobiliare, credito al consumo, mutui), e dal superamento del picco del petrolio ai quali si sommano di volta in volta diversi tipi di fattori congiunturali. Credo poi (a torto o a ragione) che esiste anche una regia internazionale che sta pilotando queste crisi, magari per raggiungere il desiderato nuovo ordine mondiale[1]. Secondo me, il Libano (come le altre nazioni che hanno vissuto o che stanno sperimentando i tormenti di una guerra) può essere considerato un ottimo esempio per tentare di capire cosa potrebbe succedere, quando una Nazione va in default, cioè fallisce in tutti i sensi: politico, sociale, economico, ecc. e come potrebbe uscirne alla fine. Perché, come si dice da noi “tutto ha una fine”, penso che ci sia ancora uno spazio per rimanere ottimisti. Ovviamente tutto dipende da come le cose si evolvono e si evolveranno, e dalla capacità di ognuno di adattarsi e adeguarsi ai cambiamenti anche più drammatici. Molti ne usciranno con le ossa rotte, altri rinnovati, altri ne trarranno vantaggi.


Una prima lezione da capitalizzare è che non dobbiamo fidarci troppo della capacità dei politici locali per risolvere una crisi, l’esperienza diretta dimostra che questi non ne sono capaci per la semplice ragione che il primo ruolo di un politico è quello di proteggere gli interessi di pochissimi privilegiati.

La lunghissima crisi libanese si era risolta da se nel 2005, dopo che l’occupazione Siriana aveva raggiunto ormai il limite delle sue capacità dissuasive e di controllo di una popolazione per la maggior parte molto ostile; dopo che gli interessi mondiali si sono spostati altrove (Iraq, Afghanistan, Pakistan, Iran).  L’unico fatto che aveva velocizzato il processo di ritiro dei Siriani e di cambiamento radicale era stato l’assassinio di Rafik Hariri[2] seguito da un movimento popolare (la primavera libanese) tale da disorientare tutta la classe politica libanese, siriana, israeliana e ovviamente statunitense. Il Libano è uscito dalla fase più acuta della guerra soltanto grazie alla volontà della sua meravigliosa popolazione (4 milioni di esseri umani) e la sua diaspora (tra 9 e 11 milioni di persone). Durante la guerra libanese (1975 – 1991) sono stati colpiti duramente tutti i settori economici: finanziario (banche e borsa), economico (mercati, commercio, trading, e turismo) e politico (strutture dello stato, forze armate e di polizia). L’unico settore che non aveva conosciuto guai seri era quello dell’immobiliare e della costruzione. Anche il settore agricolo era stato colpito, ma i danni maggiori sono stati subiti molto dopo in particolare durante il periodo post-bellico.


La seconda lezione da capitalizzare, è che il settore immobiliare nasce per assicurare un rifugio, una casa alle persone e per riparare, mantenere o migliorare le condizioni di questa casa. Finché, in Libano, le condizioni erano tali, il settore immobiliare (per la maggior parte) rimaneva fuori dalla bolla speculativa, i prezzi degli appartamenti erano adeguati e accessibili, il costo del materiale edilizio permetteva ai meno abbienti di potersi costruire da se (per se e per i loro figli e nipoti) una casa. Purtroppo, dalla fine della guerra (indicativamente dal 1992), anche in Libano la bolla immobiliare si è avviata grazie a enormi investimenti (in particolare dai paesi del Golfo), creando una situazione nuova identica a quella Europea o Cinese, con la costruzione di appartamenti di varia grandezza, hotel, palazzoni, centri congressi ed altro che sono per la maggior parte del tempo, invenduti o sotto utilizzati. Aggiungendo a tutto questo l’aumento dei prezzi del materiale edile dovuto all’esaurimento interno ed esterno delle risorse minerarie e di suolo necessari per costruire. Oggi un appartamento a Beirut o fuori è venduto ad un prezzo molto gonfiato e inaccessibile dalla maggior parte della popolazione. Dal punto di vista sociale e come avevo accennato prima che, durante la guerra, intere comunità erano state devastate o distrutte, centinaia di migliaia di persone hanno lasciato il paese (portandosi dietro le migliori risorse umane) verso destinazioni diverse in cerca di vita migliore, molti si sono estremamente impoveriti, pochi privilegiati, banditi, assassini, approfittatori e parassiti ne hanno tratto profitti immensi. Tuttavia una fetta importantissima della popolazione ha resistito e ha continuato a credere che un futuro sia sempre migliore possibile rimboccandosi le mani ad ogni tregua, ripulendo, ripristinando e ripartendo da capo. La gente ha continuato ad andare a lavorare, gli studenti a studiare. Si andava al mare o in montagna a sciare, a frequentare ristoranti o andare nei night a ballare. Quello che non è mai venuto a mancare è la cultura, l’arte, il teatro, il cinema.

Terza lezione da capitalizzare, come aveva scritto il poeta tunisino Abul-Qasim Al Shabi[3]: “Il giorno in cui un popolo desidererà la vita, allora dovrà rispondere alla chiamata del suo destino; e la sua notte inizierà a svanire, e le sue catene si spezzeranno; mentre per chi non è attaccato appassionatamente alla vita tutto svanirà nel nulla”. Questo per dire che un popolo non può attendere che siano i politici a risolvere i suoi problemi, ma dovrà contare su se stesso e sulla sua maturità.

Non posso non sentirmi preoccupato di quello che sta succedendo in Europa in generale ed in Italia in particolare; a nessuno piace vedere bruciati i suoi risparmi (e quelli degli altri ovviamente) oppure immaginarsi una vecchiaia priva di un minimo di sicurezza, il futuro dei suoi figli messo a repentaglio a causa dei giochi di potere e di possessione da parte di pochi individui. Ma guardandomi intorno e riflettendo meglio mi rendo conto che esiste un problema più serio che sta mettendo in serio pericolo non solo il nostro benessere economico, ma la sopravvivenza futura della nostra specie e delle altre specie viventi. Un problema che a poche centinaia di individui che sfruttano le loro posizioni di magnati, politici, grandi affaristi, importanti giornalisti, capi militari ed altro, che non sono interessati a nient’altro che al profitto, conta pochissimo o fanno finta che non esista: il disastro ambientale in atto ormai da troppo tempo. Finché la guerra era in corso, gli impatti sull’ambiente erano circoscritti a poche aree del paese, ma dal momento che la baldoria del sangue era terminata nei primi anni 90, il disastro era iniziato. Nessun controllo e nessuna legge o azione di protezione del territorio era ed è comunque attuata, l’urbanizzazione si allarga a ritmi rapidissimi (basti pensare alla città di Gebeil o Byblos che si trova a 35 km a nord di Beirut, le cui colline sono state completamente occupate da bruttissimi palazzi e in meno di 2 o 3 anni; mentre procedendo di più verso l’interno le cave per l’estrazione del materiale per l’edilizia si erano moltiplicate distruggendo le splendide vallate verdi e intere coltivazioni di agrumi, meli, banani ed altro. In Italia non va meglio e lo viviamo ogni anno (e in maniera sempre più pericolosa e devastante) con l’arrivo delle piogge autunnali e primaverili (ma questo anno anche con molta probabilità con le poche piogge invernali).


Ultima lezione a questo punto da imparare e diffondere prima che sia veramente troppo tardi, l’economia e la finanza sono importanti, ma non tali da giustificare la distruzione di ogni possibilità di recupero ambientale che riguarderà fondamentalmente le generazioni future, i giovani di oggi, i nostri (ed i loro) figli e i futuri nipoti. Quale migliore investimento potrebbero fare le banche, le finanziarie, i politici se non sul recupero e la protezione del territorio, una gestione più razionale delle poche risorse rimaste, la protezione delle foreste (anche quelle amazzoniche che il governo del Brasile intende distruggere per fare un favore alle lobby dei cosiddetti “bio”carburanti, dell’asfalto, del mobiliare e dell’immobiliare? I costi sociali e ambientali che dovremmo affrontare tutti quanti in un futuro molto prossimo sono e saranno troppo elevati; cosi elevati da richiedere non una finanziaria ma tante finanziarie all’anno. Vale la pena?

Tutti sono cosi fortemente preoccupati della crisi finanziaria e dell’Euro che nessuno si è reso conto che il 2011 è stato in assoluto l’anno più caldo di questo 21esimo secolo. Purtroppo, a quanto pare, ancora non abbiamo raggiunto il peggio, sennò qualcosa di buono sarebbe cambiato.


Con Post-Picco si intende il post-picco del petrolio definito da ASPO-Italia (www.aspoitalia.it) come il momento in cui la produzione petrolifera di una regione, di una nazione o del mondo raggiunge il suo massimo. Dopo questo punto, essa declina inesorabilmente, con pesanti conseguenze sulla disponibilità di energia. Una fondamentale prova della correttezza di questa teoria fu data da M. King Hubbert quando, nel 1956, predisse correttamente che il picco della produzione petrolifera degli Stati Uniti sarebbe avvenuto intorno al 1970