Una delle analogie che mi vengono in mente è
l’attuale crisi finanziaria in corso dal 2008 e che ha raggiunto in questo fine
anno 2011 un livello piuttosto pericoloso per molte nazioni Europee,
influenzando altre nazioni extra europee più o meno solide e mettendo a
repentaglio l’esistenza stessa della moneta unica. Personalmente penso che
tutta questa storia sia dovuta principalmente ad un fattore strutturale rappresentato
dalle varie bolle che si sono create dal sistema capitalistico moderno
(immobiliare, credito al consumo, mutui), e dal superamento del picco del
petrolio ai quali si sommano di volta in volta diversi tipi di fattori
congiunturali. Credo poi (a torto o a ragione) che esiste anche una regia
internazionale che sta pilotando queste crisi, magari per raggiungere il
desiderato nuovo ordine mondiale[1].
Secondo me, il Libano (come le altre nazioni che hanno vissuto o che stanno
sperimentando i tormenti di una guerra) può essere considerato un ottimo
esempio per tentare di capire cosa potrebbe succedere, quando una Nazione va in
default, cioè fallisce in tutti i sensi: politico, sociale, economico, ecc. e
come potrebbe uscirne alla fine. Perché, come si dice da noi “tutto ha una
fine”, penso che ci sia ancora uno spazio per rimanere ottimisti. Ovviamente
tutto dipende da come le cose si evolvono e si evolveranno, e dalla capacità di
ognuno di adattarsi e adeguarsi ai cambiamenti anche più drammatici. Molti ne
usciranno con le ossa rotte, altri rinnovati, altri ne trarranno vantaggi.
Una prima lezione da capitalizzare è che non dobbiamo fidarci troppo della capacità dei politici locali per
risolvere una crisi, l’esperienza diretta dimostra che questi non ne sono
capaci per la semplice ragione che il primo ruolo di un politico è quello di
proteggere gli interessi di pochissimi privilegiati.
La lunghissima crisi libanese si era risolta da
se nel 2005, dopo che l’occupazione Siriana aveva raggiunto ormai il limite
delle sue capacità dissuasive e di controllo di una popolazione per la maggior
parte molto ostile; dopo che gli interessi mondiali si sono spostati altrove
(Iraq, Afghanistan, Pakistan, Iran). L’unico
fatto che aveva velocizzato il processo di ritiro dei Siriani e di cambiamento
radicale era stato l’assassinio di Rafik Hariri[2] seguito
da un movimento popolare (la primavera libanese) tale da disorientare tutta la
classe politica libanese, siriana, israeliana e ovviamente statunitense. Il Libano
è uscito dalla fase più acuta della guerra soltanto grazie alla volontà della sua
meravigliosa popolazione (4 milioni di esseri umani) e la sua diaspora (tra 9 e
11 milioni di persone). Durante la guerra libanese (1975 – 1991) sono stati
colpiti duramente tutti i settori economici: finanziario (banche e borsa),
economico (mercati, commercio, trading, e turismo) e politico (strutture dello
stato, forze armate e di polizia). L’unico settore che non aveva conosciuto
guai seri era quello dell’immobiliare e della costruzione. Anche il settore
agricolo era stato colpito, ma i danni maggiori sono stati subiti molto dopo in
particolare durante il periodo post-bellico.
La seconda lezione da capitalizzare, è che il settore immobiliare nasce per assicurare un rifugio, una casa
alle persone e per riparare, mantenere o migliorare le condizioni di questa casa.
Finché, in Libano, le condizioni erano tali, il settore immobiliare (per la
maggior parte) rimaneva fuori dalla bolla speculativa, i prezzi degli
appartamenti erano adeguati e accessibili, il costo del materiale edilizio
permetteva ai meno abbienti di potersi costruire da se (per se e per i loro
figli e nipoti) una casa. Purtroppo, dalla fine della guerra (indicativamente
dal 1992), anche in Libano la bolla immobiliare si è avviata grazie a enormi
investimenti (in particolare dai paesi del Golfo), creando una situazione nuova
identica a quella Europea o Cinese, con la costruzione di appartamenti di varia
grandezza, hotel, palazzoni, centri congressi ed altro che sono per la maggior
parte del tempo, invenduti o sotto utilizzati. Aggiungendo a tutto questo
l’aumento dei prezzi del materiale edile dovuto all’esaurimento interno ed
esterno delle risorse minerarie e di suolo necessari per costruire. Oggi un
appartamento a Beirut o fuori è venduto ad un prezzo molto gonfiato e
inaccessibile dalla maggior parte della popolazione. Dal punto di vista sociale
e come avevo accennato prima che, durante la guerra, intere comunità erano
state devastate o distrutte, centinaia di migliaia di persone hanno lasciato il
paese (portandosi dietro le migliori risorse umane) verso destinazioni diverse
in cerca di vita migliore, molti si sono estremamente impoveriti, pochi
privilegiati, banditi, assassini, approfittatori e parassiti ne hanno tratto
profitti immensi. Tuttavia una fetta importantissima della popolazione ha
resistito e ha continuato a credere che un futuro sia sempre migliore possibile
rimboccandosi le mani ad ogni tregua, ripulendo, ripristinando e ripartendo da
capo. La gente ha continuato ad andare a lavorare, gli studenti a studiare. Si
andava al mare o in montagna a sciare, a frequentare ristoranti o andare nei
night a ballare. Quello che non è mai venuto a mancare è la cultura, l’arte, il
teatro, il cinema.
Terza
lezione da capitalizzare, come aveva scritto il
poeta tunisino Abul-Qasim Al Shabi[3]: “Il giorno
in cui un popolo desidererà la vita, allora dovrà rispondere alla chiamata del
suo destino; e la sua notte inizierà a svanire, e le sue catene si spezzeranno;
mentre per chi non è attaccato appassionatamente alla vita tutto svanirà nel
nulla”. Questo per dire che un popolo non può attendere che siano i
politici a risolvere i suoi problemi, ma dovrà contare su se stesso e sulla sua
maturità.
Non posso non sentirmi preoccupato di quello che sta succedendo in Europa
in generale ed in Italia in particolare; a nessuno piace vedere bruciati i suoi
risparmi (e quelli degli altri ovviamente) oppure immaginarsi una vecchiaia
priva di un minimo di sicurezza, il futuro dei suoi figli messo a repentaglio a
causa dei giochi di potere e di possessione da parte di pochi individui. Ma
guardandomi intorno e riflettendo meglio mi rendo conto che esiste un problema più
serio che sta mettendo in serio pericolo non solo il nostro benessere
economico, ma la sopravvivenza futura della nostra specie e delle altre specie
viventi. Un problema che a poche centinaia di individui che sfruttano le loro
posizioni di magnati, politici, grandi affaristi, importanti giornalisti, capi militari
ed altro, che non sono interessati a nient’altro che al profitto, conta
pochissimo o fanno finta che non esista: il disastro ambientale in atto ormai
da troppo tempo. Finché la guerra era in corso, gli impatti sull’ambiente erano
circoscritti a poche aree del paese, ma dal momento che la baldoria del sangue
era terminata nei primi anni 90, il disastro era iniziato. Nessun controllo e
nessuna legge o azione di protezione del territorio era ed è comunque attuata,
l’urbanizzazione si allarga a ritmi rapidissimi (basti pensare alla città di
Gebeil o Byblos che si trova a 35 km a nord di Beirut, le cui colline sono
state completamente occupate da bruttissimi palazzi e in meno di 2 o 3 anni;
mentre procedendo di più verso l’interno le cave per l’estrazione del materiale
per l’edilizia si erano moltiplicate distruggendo le splendide vallate verdi e
intere coltivazioni di agrumi, meli, banani ed altro. In Italia non va meglio e
lo viviamo ogni anno (e in maniera sempre più pericolosa e devastante) con
l’arrivo delle piogge autunnali e primaverili (ma questo anno anche con molta
probabilità con le poche piogge invernali).
Ultima lezione a questo punto da imparare e diffondere prima che sia
veramente troppo tardi, l’economia e
la finanza sono importanti, ma non tali da giustificare la distruzione di ogni
possibilità di recupero ambientale che riguarderà fondamentalmente le
generazioni future, i giovani di oggi, i nostri (ed i loro) figli e i futuri
nipoti. Quale migliore investimento potrebbero fare le banche, le finanziarie,
i politici se non sul recupero e la protezione del territorio, una gestione più
razionale delle poche risorse rimaste, la protezione delle foreste (anche
quelle amazzoniche che il governo del Brasile intende distruggere per fare un
favore alle lobby dei cosiddetti “bio”carburanti,
dell’asfalto, del mobiliare e dell’immobiliare? I costi sociali e ambientali
che dovremmo affrontare tutti quanti in un futuro molto prossimo sono e saranno
troppo elevati; cosi elevati da richiedere non una finanziaria ma tante
finanziarie all’anno. Vale la pena?
Tutti sono cosi fortemente preoccupati della crisi finanziaria e
dell’Euro che nessuno si è reso conto che il 2011 è stato in assoluto l’anno
più caldo di questo 21esimo secolo. Purtroppo, a quanto pare, ancora non
abbiamo raggiunto il peggio, sennò qualcosa di buono sarebbe cambiato.
Con Post-Picco si intende il post-picco
del petrolio definito da ASPO-Italia (www.aspoitalia.it)
come il momento in cui la produzione petrolifera di
una regione, di una nazione o del mondo raggiunge il suo massimo. Dopo questo
punto, essa declina inesorabilmente, con pesanti conseguenze sulla
disponibilità di energia. Una fondamentale prova della correttezza di questa
teoria fu data da M. King Hubbert quando, nel 1956, predisse correttamente che
il picco della produzione petrolifera degli Stati Uniti sarebbe avvenuto
intorno al 1970
commentare liberamente;-)
RispondiEliminaGrazie Toufic, le tue analisi fanno intravedere un possibile orizzonte. La tua esperienza insegna che l'uomo comunque anche nelle condizioni più buie ha forza intrinseca che spinge alla rinascita.Dentro il suo DNA c'è forza che spinge verso la risalita.
Questa volta la sfida è ampia, le forze devastatrici si presentano in forma massiccia.
Abbiamo una guerra perenne in atto, e ad ogni livello, e logica di morte ci guida.
Il Global Warming è stato ridotto a concetti che spingono verso ulteriori passi nefasti.
Un analisi molto ampia sarebbe necessaria, una che esce da letture miope e cultura di morte.
Il CO2 come causa ritengo un micidiale trappolone.
C'è una mirata Geoingegneria in atto che modifica pesantemente la nostra atmosfera e anche le condizioni climatiche. Questi interventi a livello globale ( e reali non sulla carta) si aggiungono a innumerevoli fattori introdotti dall'uomo cambiando le condizioni fisiche della nostra biosfera e in conseguenza anche del clima.
(altro che ali di farfalla)
Si profila un unico filone. La logica che domina cerca il controllo del sistema e segue pensieri lineari e strutture gerarchiche-piramidali a dispetto di una realtà che è organica e funziona piuttosto come rete con interconnessioni multiple in tutte le direzioni.
Molte scelte in atto sono nefaste e non possono che produrre malattia. Le cure proposte stanno nella stessa logica. Non potrà essere diversamente finché l'intento dell'analisi resta guidato dal voler' controllare invece del voler' comprendere un sistema.
Un egoistica forma del "io voglio da te" deve essere sostituita dal "vogliamo l'uno dall' altro" e in pieno rispetto.
Una crisi spinge a scoprire queste forme di pensiero aperto, e offre chance di guariggione.
Geoengineering could save Earth _ or destroy it
…. non credo che salvi qualcosa... non credo proprio, come non salvano le manovre di Monti...
http://www.macon.com/2011/12/02/1808376/geoengineering-could-save-earth.htm
Un caro saluto!
Maria
Maria, grazie. Mi dici che il riscaldamento globale sia una bufala, che il climate change una grande balla spaziale e che tutto quello che stiamo vivendo sia per causa della ingegneria climatica? sono molto sollevato da domani mi compro il nuovo SUV che userò tutti i giorni con la cosciienza tranquilla, terrò il riscalamento acceso 24 ore su 24 . Investirò su una centrale al carbone e taglierò gli alberi intorno a casa mia in modo da coltivarci la canna da zucchero e alimentari generosamente tutte le macchine a motore endotermico. Inoltre iniziero una campagna contro l'uso dei treni, le maccjine e gli aerei sono molto meglio, i pullman vanno annullati ... ecc.... viva l'era Ford... viva la cultura fiat
RispondiEliminaNo Toufic, ho parlato della causa indicata come non valida spiegazione per tutti i disastri in corso.
RispondiEliminaDa quando si recita il mantra del CO2 tutto il resto è scomparso.Prima di inquinamento si parlava.Ora si riduce a questa formula e gli esperti traducono ogni azione in numeri e dati, in CO2 che diventano money.
La presa di coscienza azzerata, insieme al CO2.
Ho la sensazione che fra Mia e Toufic vi sia stato un certo fraintendimento.
RispondiEliminaChe l'intera questione della CO2 possa sovrastare e mascherare altri gravi fatti ambientali ,nella mente delle persone, è un rischio che stiamo correndo.
Resta però il fatto che sempre più evidenze sperimentali onestamente raccolte, indichino che l'aumento della CO2 sia un fattore di primaria importanza nel cambiamento climatico.
Ormai il rischio che si corre nell'ignorare tale fattore di cambiamento climatico è così alto da rasentare la pura e semplice idiozia il volerlo correre.
Tra pochi mesi si cominceranno a vedere i primi segni della comunicazione sui media di massa riguardanti il fatto del picco d'estrazione del petrolio.
Quindi con anni di ritardo, e conseguenze relative.
E l'inerzia, che regna sovrana sia nel mondo inanimato che in quello vivente.
Ma conoscendola, l'inerzia, possiamo farcela amica.
Marco Sclarandis.
Condivido, tuttavia non mi fermerei solo alla CO2 i gas ad effetto serra sono vari e altrettanto letali, alla fine il problema sta nel sistema nel suo insieme, un sistema che ha esaurito le risorse, distrutto l'ambiente, modificato interi paesaggi, reso l'acqua inutilizzabile o indisponibile in motle aree del pianeta. E' un sistema creato e mantenuto da menti limitate e accecate dal profitto e dal potere.
RispondiEliminaGrazie Marco
Toufic
Grazie Marco. I fraintendimenti con Toufic sono sempre e sopratutto un occasione per maggiori chiarimenti, verso se stesso e verso l'altro. A me pare... ;-)
RispondiEliminaGià che ci sono vi lascio un link:
Prepare for Extreme Weather
http://sensiblepreps.com/shelter/prepare-for-extreme-weather/
Buona giornata!